Ogni cosa al suo posto ed un posto per ogni cosa: mai questo detto fu più attinente rispetto allo spettacolo che è andato in scena il 9 agosto 2013 al Teatro Romano di Volterra. Il cartellone di quest’anno del Festival Internazionale del Teatro Romano “Il verso, l’afflato, il canto” della stupenda cittadina toscana si è chiuso nel “luogo dei luoghi”, lo splendido teatro romano, per il cui restauro e valorizzazione il Direttore Artistico Simone Domenico Migliorini, affiancato da un compatto Staff, si batte senza sosta, a colpi di grande Teatro.
“Il verso”, oggi, questo sconosciuto. Nelle Accademie non si insegna quasi più a declamarlo, a “dirlo”, a “trasmetterlo” con il sentito, vibrante partecipare cosmico dell’”afflato”, a riportarlo alla luce da volumi ormai quasi dimenticati in polverose biblioteche.
E allora, l’amore per questo genere di poesia ed il credere fermamente che debba comunque restare a far parte del
Il Recital “Come nebbia sottile e lieve sogno”, quindi, ha galvanizzato la “notte bianca” dedicata a Volterra al repertorio musicale e teatrale “classico”, all’interno di quei luoghi sacri, che immobili ed illuminati da pochi riflettori, accoglievano e rimandavano i suoni delle voci degli attori così come un tempo, forse, lo stesso Vitruvio aveva progettato che accadesse. L’acustica, infatti, in ogni parte del teatro, nonostante l’orchestra e la scena siano purtroppo inagibili, è generosa e ha favorito il crearsi di un’atmosfera magica, quasi sacrale, riportando gli spettatori a tempi misteriosi e indefiniti.
Simone Domenico Migliorini ha dato fiato, suono, anima e sentita atmosfera evocativa ai versi, accompagnato dagli ottimi allievi del Laboratorio Teatrale “Dolce e amara, indomabile belva…”, studio e casting per la Salomè di Oscar Wilde nell’ambito del Festival: Paola Salvadori ha dato voce dolente a Penelope ed al naufrago, Chiara Marchetti intensa interpretazione alla veggente Cassandra ed alla poetessa Saffo, Andrea Colangelo ha interpretato con sentita partecipazione le parti di Enea e di Alceo e, tutti insieme, hanno fatto anche da Coro tragico, pure in greco antico; in particolare, le due voci femminili, da suadenti, letali sirene in sottofondo ai versi declamati dal Maestro.
dall’Inferno della Divina Commedia, chiudendo con il celeberrimo “(…) infin, che il mar, fu sopra noi richiuso”.
Gli spettatori, anche stranieri, in piedi, incantati, hanno seguito quella “musica parlata” in un silenzio irreale, come ipnotizzati…E’ l’effetto dell’ antico che non perisce e, prima o poi, ritorna, non solo nel luoghi, ma soprattutto nello spirito di chi abbia la sensibilità di accogliere l’arte raffinatissima del verso sulle labbra, ormai rare e fascinatrici, dei “fini dicitori”.