Anteprima sabato 7 giugno 2014 al Teatro van Westerhout di Mola di Bari
Exodus
Una riduzione teatrale dall’”ENEIDE” di Publio Virgilio Marone curata da Giuseppe Aversa, nell’ambito del laboratorio teatrale 2013-2014
dell’Istituto L. da Vinci-E. Maiorana
Nei giorni di sabato e domenica 7 e 8 giugno 2014, nella splendida cornice del Teatro comunale Niccolò van Westerhout, abbiamo avuto occasione di seguire una suggestiva rappresentazione teatrale dal titolo alquanto significativo e impegnativo: EXODUS. Il tema: “Un viaggio da una costa all’altra”, fa riferimento a spostamenti di popoli; quindi all’esodo per motivi etnici, religiosi, culturali ed economici a un tempo.
Un esodo che, nonostante il trascorrere del tempo, continua a vedere quale protagonista principale il popolo ebraico, ma che
attualmente coinvolge tutte le genti medio orientali e del nord Africa, in fuga dalla guerra e alla ricerca della serenità.
Quello della ricerca della serenità è il motivo conduttore della riduzione scenica proposta da Giuseppe Aversa che ha il suo prologo con l’”Eneide” di Publio Virgilio Marone, per proseguire con scene dall’”Antico Testamento”, per giungere al drammatico epilogo della nostra storia più recente: lo sterminio del popolo ebraico e la Shoah.
Le fonti d’ispirazione ai quali il bravissimo
regista, si è rifatto sono di tutto riguardo: William Shakespeare, Moni Ovadia, Costantino Kavafis, Umbero Saba e Nazim Hikmet.
Il lavoro ha visto quali protagonisti i ragazzi – almeno trenta – che frequentano l’Istituto molese L. Da Vinci – E. Maiorana di Mola di Bari, i quali hanno dato vita a una iniziativa fortemente voluta sia dal Dirigente scolastico, prof.ssa Caterina Silvestre, sia dalla referente prof.ssa Loreta Rago. La Silvestre, in particolare, prima della messa in scena, ha tenuto a precisare il ruolo formidabile che
l’impegno teatrale svolge nella formazione culturale e della personalità dei singoli attori.
Il regista, Pino Aversa, nell’introdurre la sua opera ha voluto mettere in risalto alcuni aspetti connessi con l’incognita rappresentata da un viaggio di cui non si conosce l’approdo ultimo nonché le peripezie connesse con un viaggio fatto di insidie e di speranze.
Il poema di Virgilio, l’”Eneide”, racconta la vicenda di Enea, figlio di Anchise, che dopo la distruzione di Troia si mette alla testa del suo popolo per condurlo verso una nuova patria.
Enea è il protagonista della vicenda e con lui si muove un’intera nazione di esuli, sorretti dalla speranza di una terra promessa dal fato: l’Italia. E, quando all’orizzonte appare finalmente la costa italica, Acate non riesce a trattenere un grido di felicità: “Italiam, Italiam”.
La ricerca della terra promessa, tuttavia, condiziona il condottiero Enea – ispirato dalle divinità e dominato dal destino – al punto da non riuscire a compiere scelte personali. Tutto ciò porterà i troiani a fondersi con i latini e a dare vita a un nuovo popolo, quello romano, che avrà dal destino il compito di reggere sotto il suo impero caratterizzato dalla pace una varietà di genti.
Un altro elemento che emerge dalla storia portata in scena è rappresentato dalla nostalgia. Un desiderio ardente e doloroso di persone, cose e luoghi a cui si vorrebbe tornare, di situazioni già trascorse che si vorrebbero rivivere.
Un aspetto che emerge prepotentemente dall’opera portata egregiamente in scena da Aversa è rappresentata dalle vicende degli ebrei: dalla fuga dall’Egitto al passaggio attraverso il mar Rosso, per sfuggire al ripensamento del faraone; dalle proteste eclatanti contro il Dio di Mosè per arrivare, dopo una serie di vicissitudini, a i giorni nostri e al periodo nazi-fascista dello sterminio perpetrato nei confronti del popolo eletto da Dio e negletto dall’umanità.
Per venire alle cose che ci riguardano più da vicino è opportuno ricordare che non lontano da Mola, in quel di Cozze, durante il periodo del Secondo conflitto mondiale, molti ebrei si rifugiarono nei villini esistenti nella amena località a circa quattro chilometri dal paese.
E’ opportuno ricordare che proprio da Cozze s’imbarcarono, nella tarda primavera del 1947, circa 800 ebrei, provenienti dai diversi campi pugliesi, sulla nave ‘Tivka’, allestita in Portogallo e trasferita da Bocca di Magra, nei pressi di La Spezia, in Puglia: «I proprietari dei villini – racconta Ada Sereni nella sua opera autobiografica, I clandestini del mare (Mursia, 1973) – furono felici dell’occasione, per loro unica, di affittare le loro case nei mesi invernali. Dal gruppo di villini sul mare che avevano soprannominato Aqaba salpò una nave in legno con 1400 persone a bordo, soprannominata ‘Lahome Hagghettaöt’ (i combattenti dei ghetti) che rimase ancorata tutta la notte tranquillamente a pochi metri dalla riva».
Per tornare allo spettacolo, ci hanno colpito due aspetti in particolare. Il primo afferisce la scena dei migranti con le valigie in procinto di partire per destinazioni sconosciute. Una immagine che ricorda inevitabilmente l’emigrazione italiana – chi scrive l’ha vissuta personalmente – in tutte le parti del mondo. Un dramma che, molto spesso, cerchiamo di rimuovere dalla nostra storia recente e che dovremmo invece tenere ben presente oggi per solidarizzare con i profughi che arrivano sulle nostre coste. Il secondo riguarda il complessivo degli attori. Ci ha impressionato non poco vedere con quanta passione i ragazzi hanno saputo interpretare il singolo ruolo affidato a ciascuno. Nelle scene corali ognuno interpretava in maniera personale e con una mimica facciale ad personam uno stato d’animo diversificato. Di questo va dato atto al regista Aversa e alla sua assistente Annalisa Boni, i quali hanno saputo costruire un gruppo coeso e inculcare nei singoli una specifica personalità.
Da quanto appena accennato si evince la mole di lavoro e l’impegno professionale profuso per realizzare uno spettacolo capolavoro portato in scena da un gruppo di ragazzi bravissimi. Uno spettacolo che merita di essere portato sui palcoscenici di tutta la penisola per essere apprezzato nel suo reale valore.