Il dialetto è stato “la prima lingua” che ho parlato imparandolo nei vicoli di Napoli dove sono nato nel 1940. Per me è la ricchezza delle nostre radici e il cuore delle nostre famiglie. Pertanto, per le esperienze che ho, ritengo un po’ esagerata la promulgazione di leggi che ne prevedano l’introduzione nelle scuole. Ho avuto il privilegio di incontrare nel 1953 l’ultimo grande poeta napoletano, E.A. Mario, e sono stato suo allievo fino al 24 giugno 1961, giorno della sua scomparsa. Quando gli chiesi quale testo dovevo studiare per scrivere correttamente il dialetto, fu lapidario: -“Devi leggerti le poesie di Salvatore Di Giacomo”. L’ho fatto e ho letto anche Viviani, Russo, Galdieri, Nicolardi… ed ho imparato regole grammaticali e lessicali e, proprio in base a tali conoscenze, posso dire che per salvaguardare i dialetti sarebbe sufficiente arricchire il programma di “lettere” con poesie di poeti dialettali scelti tra i migliori e così si salvaguarderebbero sia i dialetti che i vari termini popolari che si vanno perdendo per la naturale evoluzione di ogni lingua.
Raffaele Pisani