Site icon L'Idea Magazine

Erik Satie: l’artista bohémien per eccellenza!

Ram—n Casas Erik Satie (El bohemio; Poet of Montmartre), 1891 oil on canvas, 198.8 x 99.7 cm (78 1/4 x 39 1/4) Northwestern University Library

Satie-erik
Eriik Satie

Quando si parla di “Artista”, in genere, si è soliti pensare a una persona che vive in un mondo tutto suo, senza tante regole, o al contrario forse con troppe, che fa una vita sregolata, dissoluta e inaccettabile dalla società per diversi motivi.

Beh, non è che si sbaglia più di tanto nel pensare tutto ciò, ma è vero pure che, proprio questa vita, vissuta senza “le regole” dettate dalla società, passata e presente, spinge alle volte gli “artisti” a dare il meglio di loro stessi, sfidando il loro tempo consciamente e creando intorno a loro quel velo di mistero e fascino che l’arte in genere richiede.

Tanti sono stati i periodi storici e letterari in cui grandi artisti hanno prodotto e lasciato delle opere uniche al mondo, affascinanti, impenetrabili, indecifrabili, eppure, quel velo di mistero, dissolutezza e vita sregolata, attrae la stessa società senza che essa se ne renda conto.

È il caso di un compositore francese della seconda metà dell’800, musicista controverso e mal visto per avere, oltre che il mistero dell’artista, una dichiarata avversità verso tutte le regole, dichiarandosi apertamente contro tutte le convenzioni musicali del suo tempo. I suoi ritratti arrivati a noi oggi, mettono in evidenza un uomo con piglio sicuro, che ostentava superiorità nel voler essere a tutti i costi un “personaggio” che doveva far parlare di sé.

Siamo in pieno Impressionismo francese, quando questo musicista inizia a comporre una musica strana, non decifrabile immediatamente.

Erik Satie (Honfleur, Calvados, 1886 – Parigi 1925), il suo vero nome è molto più complesso ossia Alfred-Erik Leslie Satie, ma conosciuto semplicemente come Erik, fu compositore francese dell’epoca cosiddetta bohémienne, e artista bohémien per eccellenza.

Nato in un piccolo paesino della Normandia, iniziò gli studi da piccolo con un organista di provincia e li proseguì dodicenne a Parigi, prima con Guilmant, poi al Conservatorio parigino con Lavignac e altri, mostrando già tutto il suo caratterino ribelle verso le regole tradizionali. Una sua affermazione dice tutto:  “Sono venuto al mondo molto giovane in un tempo molto vecchio”, confesserà più tardi…

Sin dal 1887 s’interessò al movimento della Rose-Croix (Rosacroce) e al suo capo e sacerdote, il Sar Péladan, che propugnava un misto di medievalismo, di teosofia e di misticismo; ma trattava di un’adesione piuttosto enigmatica.

Satie scriveva intanto pezzi per pianoforte con strani titoli: Ogives (1886), 3 Gymnopédies (1888), 3 Gnossiennes (1890), ai Trois Préludes du “ Fils des étoiles” (1891), un lavoro teatrale del Sar Péladan che porta il sottotitolo “wagnérie kaldéenne”, seguirono le Sonneries de la Rose-Croix e le Danses Gothiques (1892-93).

Già in queste prime composizioni Satie usa una scrittura libera, senza divisioni di battute, fondata cromaticamente su accordi complessi, di settime, none, undicesime, terze concatenate, che prefigurano la ricerca armonica e timbrica di C. Debussy, il quale mostrò sempre interesse nei riguardi delle sue composizioni, ma non vera amicizia come gli storici affermarono qualche tempo fa.

Uscito da questo periodo “mistico”, che vede il culmine con la Messe des pauvres per coro e organo del 1895, Erik, ormai trentenne, iniziò a frequentare gli artisti bohémienne di Montmartre esibendosi nei caffè e nei cabaret parigini, in particolare allo “Chat Noir”. Nacquero così le “Piece froides” per pianoforte, la pantomima “Jack in the box” del 1899 e un’operina in tre atti per marionette, “Geneviève de Brabant”, della durata di quasi un quarto d’ora, rappresentante una parodia del melodramma, quasi un’anticipazione degli opéras-minuites di Milhaud (composizione del 1899, ma ritrovata solo dopo la morte di Satie).

Nei primi anni del ‘900, esattamente nel 1905, Satie si trasferisce nel sobborgo parigino di Arcueil; qui decise di ricominciare tutto da capo iscrivendosi alla Schola Cantorum per studiare il contrappunto con A. Roussel e la composizione con V. d’Indy; ma anche questo gesto appare oggi molto ambiguo e provocatorio.  In polemica sia con l’accademismo musicale, sia con l’impressionismo di Debussy, verso il 1910 Satie suscitò l’interesse di Diaghilev, Picasso, e infine di Coucteau col quale diverrà, nel 1918, l’animatore del Gruppo dei Sei.

Alla musica “dotta” Satie contrappone ora una “musique de tapisserie”, una “musique d’ameublement”, che corrisponde ai postulati estetici posti da Coucteau in “Le Coq et l’Arlequin” del 1918.

Il carattere polemico e contestatario di Satie si manifesta apertamente anche con le sue “didascalie”, mordaci e sottili, come ad esempio nelle “Descriptions automatiques” del 1913, nelle “Heures séculaires et istantanées” del 1914, in “Le piége de Méduse”, negli “Sports et divertissements” per pianoforte del 1914; in queste composizioni si rileva anche un chiaro esempio del suo prezioso “calligrafismo”.

Verso la fine della guerra e subito dopo, Satie fece scandalo proponendo due spettacoli molto provocatori, assai vicini al contemporaneo dadaismo: “Parade” (ballet réalist) su testo di Coucteau, scene e costumi di Picasso e coreografia di Massine, “Relâche” (ballet Instantanéiste) su testo e scene di F. Picabia, e “Mercure” con scene di Picasso e coreografie di Massine. Intanto anche altri artisti si aggiunsero al seguito di Satie e al Gruppo dei Sei formando la cosiddetta “Ecole d’Arcueil”.

Il lavoro espletato nella vita da Satie non andrà solamente nella direzione della polemica e della provocazione ma ben oltre, affermando la propria poetica musicale basata sulla totale rinuncia a ogni connotazione soggettiva e in nome di un rigore assoluto e quasi ascetico: “Socrate” del 1918, cantata per 4 soprani e orchestra da camera, segnerà l’affermazione esemplare di quell’oggettivismo intellettualistico che influenzerà anche il neoclassicismo di Stravinskij e dei musicisti che si muoveranno nella sua orbita.

Nella sua vasta produzione musicale sono da ricordare: i brani orchestrali “En habit de cheval” e “Trois petites piéces Montées” (che è stato trascritto anche per pianoforte); pezzi per pianoforte a quattro mani, pianoforte solo, oltre ad alcune raccolte per canto e pianoforte e canzoni da caffè-concerto, fra le quali le celebri Je te veux (1897), Tendrement (1902), Poudre d’or (1902), Le Piccadilly e La Diva de l’Empire (1904).

Nel 2016 si festeggerà il 150° anniversario della nascita di questo artista, unico nel suo genere. Molti teatri e Sale da Concerto sono già all’opera per creare dei cartelloni in cui proporre molte delle sue opere al pubblico, e far tornare indietro nel tempo, cioè al periodo Bohémienne, Parigi e le cittadine a lui care.

Ram—n Casas
Erik Satie (El bohemio; Poet of Montmartre), 1891
oil on canvas, 198.8 x 99.7 cm (78 1/4 x 39 1/4)
Northwestern University Library
Exit mobile version