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DIVERTENTE DON PASQUALE ANNI SESSANTA AL TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA

 Recensione di Federico Scatamburlo

A primo ascolto, dopo una singolare ouverture che tutto sommato non fa presagire in pieno quello che succederà successivamente, è facile sentire la profonda influenza che Rossini ebbe per Gaetano Donizetti, autore dell’opera in titolo, Don Pasquale, in scena dopo ben dodici anni, al Teatro Carlo Felice di Genova in questa domenica pomeriggio, dieci marzo 2019.

Quest’opera infatti è tipicamente cosiddetta “buffa” e, con un’opportuna regia, fa divertire in primis, non annoia e fa apprezzare in pieno le straordinarie capacità compositive del suo autore, che qui risaltano unite a una vena romantico-comica difficilmente eguagliabile.

La trama in sé è semplicissima: Don Pasquale, il protagonista, uomo anziano all’antica ma tutto sommato di buon cuore, decide di sposarsi per diseredare il nipote Ernesto, che è innamorato di Norina, e non accetta di sposare nessun’altra. Un amico di famiglia, il Dottor Malatesta, organizza però un piano per permettere ai due di sposarsi senza incorrere nelle ire dello zio. Norina accetta di sposare per finta Don Pasquale, e suoi comportamenti incoercibili successivi alle nozze creeranno numerose situazioni equivoche e comiche, insopportabili per l’anziano, che alla fine cederà e benedirà il matrimonio reale tra i due giovani.

Desiréee rancatore (Norina ( d. rancatore ) Juan Francisco Gatell (Ernesto)

Il tutto quindi si riassume a una disincantata e malinconica riflessione sulla vecchiaia e sulla giovinezza. Pur divertente infatti, la scena in cui Don Pasquale è addirittura schiaffeggiato dalla finta neo sposa è tutt’altro che comica, semmai sentimentalmente umoristica.

Il genere comico è in questa stesura decisamente ridimensionato: prevale infatti il bel canto a scapito di virtuosismi di agilità, pur riccamente presenti, e anche i recitativi sono lunghe esibizioni canore melodiche e godibilissime, e così prevale in tutta l’opera un magnifico lirismo, con una fluidità dovuta a legami vocali e orchestrali continui anche tra i pezzi chiusi. Ed è così che viene accantonato il riso sguaiato delle commedie e si riflette, ma in modo divertente.

La storia ben si presta a ambientazioni in ogni epoca. Simpaticissimi dunque l’allestimento della Scottish Opera e le scene e i costumi di Andrè Barbe (Barbe & Doucet), tutto coloratissimo e scanzonatorio, e ambientato verso la fine degli anni sessanta con grande un’attenzione ai dettagli che però non si potevano cogliere da tutto il teatro, a meno di essere in posizioni particolarmente privilegiate, ma non ci è sfuggito lo sforzo di attenersi piuttosto fedelmente al libretto. Perfette anche le luci di Guy Simard. Renaud Doucet (Barbe & Doucet) ha curato la bella regia: avrebbe potuto forse osare di più, ma di contro è stato assolutamente encomiabile l’equilibrio tra movimenti scenici e necessità dei cantanti nelle loro esibizioni, riuscendo ad inserire delle gag esilaranti che hanno veramente divertito.

Alvise Casellati, maestro concertatore in questa occasione, si è attenuto in modo quasi maniacale al libretto con bellissimi tempi, serratissimi, impegnando molto gli artisti sul palco. Scaldati i motori tutto ha funzionato a meraviglia, e voci e orchestra hanno creato un insieme che abbiamo goduto quasi tutto d’un fiato, quasi stupiti quando arrivati all’epilogo finale.

Cast perfetto quello scelto dal Teatro: Giovanni Romeo nei panni di un Don Pasquale meno “vecchio” di quanto ci si potesse aspettare, ma perfetto nell’interpretazione. Se inizialmente si potevano percepire alcuni passaggi come “tremolanti” si è poi capito invece che l’effetto era intenzionale, ed infatti nel contesto è stata una scelta azzeccatissima.

Molto buono anche il ruolo tenorile di Juan Francisco Gattel. Linea vocale classica, composta, ma con una grazia, leggerezza e bellissime agilità che hanno ben definito in maniera divertente ma anche commovente le speranze d’amore dell’ingenuo e un po’ “tontolone” Ernesto. Alcuni acuti un po’ sfilacciati e non perfettamente coperti non hanno inficiato la performance.

Assolutamente a proprio agio e chiaramente divertita la protagonista assoluta di questo cast: Desirée Rancatore, che ha interpretato una Norina viperina e quasi show girl. Abituati come siamo a vederla in parti più drammatiche, è stata una piacevole sorpresa trovare in questa recita una vera mattatrice, spiritosa e giuliva, sempre calata nella parte, senza mai un momento in cui abbia lasciato il personaggio, pieno di sfumature divertenti e veramente credibile. Superfluo lodare le agilità che sono nelle sue corde naturali, come anche i sovracuti, sempre cristallini ed emozionanti. Bravissima!

Comprimari degni dei protagonisti Elia Fabbian, convincente Dottor Malatesta, anche se con qualche difficoltà nelle agilità e Roberto Conti (il notaro), preciso nel suo ruolo.

Una menzione è dovuta anche ai bravissimi personaggi “muti” ma fondamentali e quasi sempre presenti in scena: esilarante Cristina Bianchetti nelle vesti della lavandaia fumatrice accanita, e Luca Alberti e Boris Vecchio, nei panni del decrepito maggiordomo e del cuoco dormiglione.

Bravi come sempre gli artisti del coro del Teatro Carlo Felice, istruiti da Francesco Aliberti, intervenuti sul palco anche loro in maniera burlesca e scanzonata, ma professionale e con grande abilità recitativa. Abbiamo sentito qualche imprecisione ritmica in diversi momenti, forse dovuta al gran movimento scenico durante le loro esibizioni, ma anche in questo caso il risultato finale non ne ha risentito.

Dulcis in fundo, Norina regalerà a Don Pasquale, per consolarlo, Matisse: un cucciolo, tenerissimo, che il Teatro informa essere proveniente dal canile municipale di Palermo, ha due anni, vaccinato, chippato e pronto per essere adottato (scrivere a comunicazione@carlofelice.it).

Soddisfattissimo l’esigente pubblico presente in sala, che ha acclamato con calore tutti, pelosetto incluso.

@photo Marcello Orselli

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