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Dante Alighieri a 500 anni dalla morte: Un’icona globale.

Non sarà solo l’Italia a celebrare Dante nel VII centenario della morte. Nel 2021 le sue parole risuoneranno in molti Paesi grazie anche alle iniziative promosse dal ministero degli Affari esteri e che coinvolgeranno ambasciate, consolati e istituti italiani di cultura. Tra queste, l’audiolibro con un’antologia della Commedia recitata in 33 lingue e un’installazione multimediale in realtà immersiva sul canto V dell’Inferno, quello di Paolo e Francesca. E ancora, una lettura on line di terzine dantesche in collaborazione con Centro per il libro e la lettura e Corriere della Sera, che culminerà il 25 marzo in occasione del Dantedì. Un’attenzione che dimostra quanto il poeta sia un’icona globale della nostra lingua e cultura.

“Non c’è dubbio che se la lingua italiana viene studiata nelle Università straniere, lo si debba a Dante”, dice Paolo Squillacioti, direttore dell’Istituto opera del vocabolario italiano (Ovi) del Cnr di Firenze. “La Commedia è considerata un classico universale. Oggi, ad esempio, insieme con altre due corone della letteratura italiana del Medioevo, Petrarca e Boccaccio, è studiata in tutte le università americane ed è sempre più frequente la fruizione in lingua originale. Theodor J. Cachey, che dirige un centro di studi danteschi all’University of Notre Dame negli Usa, è arrivato a chiedersi se non si possa considerare Dante un classico americano quanto italiano. Questo per sottolineare l’intenso e precoce rapporto della cultura statunitense con l’opera dantesca, grazie agli studi e alle traduzioni di Henry W. Longfellow e Ralph W. Emerson e agli stimoli poetici di Ezra Pound nei Cantos e di T. S. Eliot in The Waste Land”.

In Europa, il processo di diffusione era iniziato già all’epoca di Dante. “La love story – definizione del filologo e critico letterario Piero Boitani – fra l’opera dantesca e i letterati inglesi è cominciata già alla fine del ‘300 con Geoffrey Chaucer, che la leggeva in italiano e i cui scritti presentano vari riferimenti alla Commedia”, prosegue il direttore del Cnr-Ovi. “Una più ampia diffusione arrivò con le traduzioni: significativa, perché anticipa un modello oggi comune, è la prima in francese, conservata in un codice manoscritto della fine del ‘400, oggi nella Biblioteca nazionale universitaria di Torino, con il testo originale dell’Inferno e traduzione a fronte”.

L’apice della fortuna straniera di Dante si raggiunge con il Romanticismo e attraversa anche le vicende più buie del Novecento. Arthur Rimbaud scrive “Une saison en enfer” e “Illuminations”, Jorge Luis Borges nei Nove saggi danteschi scrive: “Ho immaginato un’opera magica, un’illustrazione che sia anche un microcosmo; il poema di Dante è questa illustrazione di vastità universale”. “Fatalmente ricorre all’Inferno dantesco anche chi deve descrivere l’orrore dell’universo concentrazionario”, continua Squillacioti: “Lo hanno fatto Primo Levi, ma anche gli scrittori sovietici reduci dai gulag, come Šalamov o Solženicyn, e Vasilij Grossman, che entrò nel lager nazista di Treblinka nel 1944 al seguito delle truppe sovietiche, scrivendo che in confronto quello dantesco è un insignificante scherzo di Satana”.

Il padre della lingua italiana ha esercitato il suo fascino anche in culture lontane. “Impossibile dar conto di tutto, ma vale almeno ricordare l’emblematica parabola della più dinamica potenza mondiale: in Cina l’incontro con Dante risale solo al 1921, quando Qian Daosun tradusse i primi tre canti dell’Inferno suscitando un coinvolgimento crescente, interrotto dalla Rivoluzione culturale di Mao, quando l’eco dantesca era limitata alle citazioni presenti nelle opere di Marx ed Engels. Dagli anni Ottantal’interesse nei confronti di Dante è rifiorito e oggi esistono ormai varie traduzioni”, conclude il direttore Cnr-Ovi.

Cecilia Migali 

[Da “Almanacco della Scienza, N. 22 – 2 dic 2020, Quindicinale a cura dell’Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche]

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