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Concerto Dona Flor di N. van Westerhout. Prima esecuzione a Bari con l’Orchestra sinfonica della Provincia

Prima che iniziasse lo spettacolo, abbiamo approfittato per rivolgere alcune domande ai protagonisti della serata iniziando dal Maestro Angelo Cavallaro, Direttore Artistico dell’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari.

L’Idea: La “Doña Flor” e “La Cavalleria Rusticana”, due opere liriche concepite e rappresentate in teatro nello stesso periodo di fine secolo, hanno per ispirazione lo stesso soggetto, il tradimento coniugale della donna, la soluzione finale della morte violenta dell’amante ad opera del marito, l’ultima battuta che rivela l’omicidio (“Assassino, assassino!” riferito alla prima e “Hanno ammazzato compare Turiddu!” con riguardo alla seconda). Ebbene, secondo lei, perché l’opera di van Westerhout non ebbe lo stesso successo popolare di Mascagni?
Angelo Cavallaro: Ma, io devo naturalmente confessare una cosa. Ho visto la partitura molti mesi or sono, quando si pensò di fare per la prima volta quest’opera e la sto ascoltando adesso nella prova generale che si sta effettuando in questo momento. Io sono veramente emozionato perché ascolto qualcosa di meraviglioso che non tanto a Mascagni abbinerei, quanto a Puccini. Ho sentito un inizio di Manon vero con la strumentazione pucciniana. Sono veramente sorpreso. È una musica bellissima perché teatrale, totalmente teatrale. Ed è musica che ha una presa sul pubblico fantastica. Non mi chieda i motivi per cui una cosa ha funzionato e qualcos’altro non ha funzionato, in quanto nella storia della musica esistono tantissimi casi in cui per motivi contingenti di quel momento storico e della possibilità che aveva il compositore in quel momento, gli agganci internazionali in quel momento non hanno preso la stessa strada. Tuttavia devo dire che siamo alla presenza di una musica meravigliosamente bella.

L’Idea: La ringrazio anche a nome della nostra cittadinanza che vuole molto bene al Nostro compositore. Molte opere di fine ‘800 risultano influenzate o ispirate dal periodo storico-letterario di quel tempo che va sotto il nome di verismo, come, per esempio, “La Bohème”, “I Pagliacci”, la stessa “Cavalleria Rusticana”, tratta da una novella del Verga, etc. Secondo lei, aver scelto un libretto con una trama ambientata nel ‘600 veneziano, con personaggi altolocati, quindi non del popolo, ha condizionato la popolarità dell’opera?
Angelo Cavallaro: È probabile che sia così. Però, attenzione: non bisogna dimenticare che, in questo periodo, le varie forme di arte rivisitavano quel periodo settecentesco veneziano. Era comune. Moltissimi pittori hanno dipinto queste cose e moltissime opere si sono rifatte all’antichità. Per cui era una scelta culturale del tempo. Non l’ultima. Però è probabile che l’abbia condizionata perché sentire o riassaporare il clima settecentesco non era di gran moda… per il pubblico.

L’Idea:Doña Flor” risulta essere efficace dal punto di vista drammaturgico: è arduo volerla paragonare all'”Otello” di Shakespeare, la cui vicenda fu rielaborata da Boito per poi essere musicata da Verdi?
Angelo Cavallaro: È arduo, è arduo. Perché si sta parlando di un grande affresco con impegno di carattere drammaturgico e musicale totalmente diverso dalla Doña Flor. Pur tuttavia, Doña Flor, pur nella sua compattezza e, mi permetta, anche semplicità di espressione, è assolutamente pertinente e arriva là, dove deve arrivare; cioè alla sensibilità e al cuore degli ascoltatori. Ed è anche quello di cui ci stiamo occupando e che stiamo verificando in questo momento con i musicisti che la stavano ascoltando con me e rimanevano sorpresi e commentavano: ma qui è Manon, ma qui è Tabarro e qui è quest’altro, etc. Questo significa che la sensibilità dell’epoca era di questo genere. Ma questo significa che Niccolò van Westerhout è stato uno dei primi che ha usato questo tipo di strumentazione e di sensibilità enorme; questo tipo di sensibilità. Complimenti. È una grande scoperta.

L’Idea: La ringrazio molto e buon lavoro.

Subito dopo abbiamo posto alcune domande al regista, Gabriele RIBIS, nella sua duplice veste anche di baritono e protagonista nel ruolo dell’Ambasciatore spagnolo Don Filippo Olivarez.
L’Idea: Lei ha la duplice veste di baritono e di regista dell’opera. La “Doña Flor” subisce l’influenza della produzione lirica europea (Massenet, Bizet, Puccini): trova nella scrittura vocale e/o orchestrale del van Westerhout qualcosa di originale e innovativo?
Gabriele Ribis: Sicuramente c’è uno studio approfondito di tutto quello che è il repertorio europeo. Anche antecedente a quel periodo. Ci sono dei brani che richiamano lo stile dell’epoca in cui l’opera è ambientata. Indubbiamente le parti più originali sono in questo lirismo che è molto meridionale. Molto del verismo meridionale che poi sarà anche di Cilea, di Alfano e della grande scuola meridionale del verismo è soprattutto nelle parti recitative accompagnate, che sono molto veementi e bene si sposano con quello che era lo stile compositivo dell’epoca. Sicuramente la vena melodica non arriva ai picchi pucciniani, però ci sono degli spunti notevoli; decisamente. Un paio di temi, soprattutto quelli portanti dell’opera, sono dei temi veramente molto belli.

L’Idea: A quale altro personaggio da Lei interpretato possiamo paragonare il suo “don Filippo Olivarez”?
Gabriele Ribis: Uno tra quelli più vicini a don Olivarez si trova in Scarpia e Iago. Perché è un personaggio satanico. Molto bravo anche nella sua malvagità, perché Olivarez riesce a far compiere dalla moglie la sua vendetta. Notevole e incredibile.

L’Idea: Come ha interpretato quest’opera Niccolò van Westerhout? Che cosa ha trovato di particolarmente interessante nella Doña Flor, cioè che l’ha colpita in maniera particolare?
Gabriele Ribis: Sicuramente il fatto che racconti una storia originale che non si trova solitamente nel repertorio. È un’opera che può avere più possibilità d’interpretazione anche temporale. Tant’è che noi non lo ambientiamo nel Seicento, ma negli Anni Trenta del Novecento. Anche perché siamo in una sala cinematografica e abbiamo pensato di ambientarla negli anni dell’inaugurazione della mostra del cinema di Venezia. Non so se avete visto il film “The Artist”. È una specie di cinema, un’idea di cinema muto se vogliamo. Però non è muto perché ci sarà della musica.

Abbiamo proseguito la serie di interviste col tenore Leonardo GRAMEGNA che, nell’opera di van Westerhout, interpreta il ruolo dell’amante di Doña Flor.
L’Idea: Dal punto di vista drammaturgico-musicale, come ha trovato la scrittura vocale e il fraseggio del suo personaggio “Alvise Malipiero”?
Leonardo Gramegna: Ecco, è una domanda molto complessa e dal punto di vista drammaturgico ovviamente la storia la conosciamo tutti. È una piccola Tosca volendo…con delle sfumature tardo romantiche. Devo dire che il personaggio di Malipiero è un personaggio ambiguo. Ambiguo perché, dal punto di vista amoroso lui è il classico tenore tardo romantico che, con le sue grandi frasi, i suoi ariosi, cerca di conquistare le grazie di Doña Flor, in questo caso. Ma lui torna già da una serie di incontri. Assolutamente, l’abbiamo inteso con il regista un personaggio vivo che ama la vita, che ama le belle donne. Quindi un personaggio di grande espansione, se possiamo dire. Dal punto di vista vocale invece, noto una complessità di questo ruolo. Un ruolo che ha tre blocchi importanti. La prima parte, l’ingresso molto irruente, molto passionale. Una seconda parte centrale, delicatissima in questo minuetto e poi il grande duetto d’amore che è la parte più impegnativa perché batte una tessitura vocale di stampo verista, ma con un legato che ancora tende a quello che è il bel canto verdiano. Devo dire che è molto complesso da cantare. Non è una passeggiata. Ci vuole una vocalità senz’altro robusta, bene estesa e che abbia anche i colori. Questo posso affermare: un personaggio a tutto tondo. Sono cinquanta minuti di musica, ma ben concentrati, assolutamente intensa.

L’Idea: Che cosa di particolare l’ha interessata di quest’opera? Cioè quello che l’ha colpita maggiormente?
Leonardo Gramegna: La varietà dei temi. Questo posso dire. Ogni personaggio ha un suo tema. Il baritono ha un tema “tan pi …pan pi…pa pan pi..” che se lo porta dall’inizio. La parte più bella è quella legata al duettone con il soprano: tenore-soprano. C’è questo grande arioso. Ma dobbiamo riconoscere una delicatezza e una soavità nella Salve Regina che, secondo me, merita un’attenzione particolare. Tre grandi temi, ognuno legato a un personaggio. La delicatezza di Doña Flor nella Salve Regina, la ruvidezza del tema del baritono e la grande frase, volendo anche erotica, se possiamo usare questo termine, del duetto d’amore affidata al tenore. Queste sono le particolarità che ho rilevato in una struttura che tende a volte anche a Wagner. Quindi con una continuità senza nessun tipo di interruzione e una fluidità che è da invidiare. Peccato che sia vissuto poco, van Westerhout.

Infine abbiamo rivolto qualche domanda al soprano, Signora Nila MASALA, che interpreta la parte di Doña Flor.
L’Idea: Come spesso avviene nell’opera romantica, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio “dramma della gelosia”: dal punto di vista drammaturgico-musicale, a quale altro personaggio dell’opera lirica da lei interpretato, possiamo paragonare la “Doña Flor “?
Nila Masala: La Doña Flor è un personaggio, secondo me, di un’eleganza strepitosa. Di un’eleganza strepitosa in uno spartito che sta alla pari di spartiti come Tosca, come Gioconda, come anche la Cavalleria, al quale si aggiunge però un’ulteriore eleganza. Anche per la cornice in cui è posta. Questa Venezia del Seicento. Una donna molto elegante, che ha più facce, sia col marito sia con l’amante. Per questa sua gelosia così patetica. Un personaggio piuttosto sottile direi, e anche piuttosto elegante. Ho trovato questo.

L’Idea: Ci vuole confidare qualcosa sulla musica di van Westerhout che l’ha colpita in maniera particolare?
Nila Masala: La densità della scrittura. Perché è uno scrittore del genere appunto della giovane scuola che, secondo me, è stato fortemente sottovalutato. Perché è una scrittura densissima. Molto lirica e allo stesso tempo molto orecchiabile, ma non scontata. Assolutamente, non è scontata. È un’opera piacevole al primo ascolto, ma che non prende forse subito come altre musiche, come possono essere quelle di Puccini o di un Leoncavallo. Non prende subito forse perché è anche più elegante su alcuni tratti, per alcuni versi. Qualche cosa di vicino anche a Wagner. C’è molto di quella scuola.

L’Idea: Possiamo dire che non ha avuto il riconoscimento che avrebbe, invece, meritato?
Nila Masala: Questo è sicuro. Lo può chiedere a tutti i musicisti. Perché è un’opera densissima, ma non è scontata. Come tutte le cose che magari hanno un più facile successo. Perché magari sono più orecchiabili o di più facile esecuzione. Anche se è un atto unico, è molto difficile da cantare. È molto pesante. E anche gli strumentisti le possono dire che è “durata” in ogni parte. Ed è scritta molto bene per ogni strumento. Lo può chiedere anche ai professori d’orchestra.

L’Idea: C’è stato qualcuno che ha adombrato questo tipo di possibilità: van Westerhout non ha pensato a elaborare un’aria orecchiabile che, forse, avrebbe dato maggiore possibilità al popolo per fischiettarla.
Nila Masala: Orecchiabile non al primo ascolto. Perché la Salve Regina magari è quella che prende subito. Ma le tre arie che canta il tenore sono bellissime e sono difficilissime. Hanno una “dirittura” enorme. Anche se è un atto unico. Per esempio, capita di cantare opere da tre o quattro atti con due o tre acuti; qua dalle prime battute ci sono dei “sovracuti”; ce ne sono cinque, sette, nove, dieci, in cinquanta minuti, ed è densissimo. Sottovalutare quest’opera sarebbe da pazzi. Ci auguriamo che non soltanto dall’altra parte dell’oceano, ma anche qua venga rappresentata più spesso.

L’Idea: Magari in forma scenica?
Nila Masala: Completamente scenica, con una dignitosa cornice, in teatro.

L’Idea: È quello che cercheremo di fare in un prossimo futuro ravvicinato.
Nila Masala: Magari proprio nel teatro dedicato a Niccolò, a Mola. Io sono andata l’altra sera di fronte al Palazzo Pesce, per ingraziarmi Niccolò. È uno spartito che mi ha dato molta soddisfazione. Però sono cinquanta minuti densissimi da non sottovalutare, non è la Cavalleria Rusticana. Non ha niente a che vedere. Non me ne voglia Mascagni, al quale devo molto e mi ha dato tanto. È molto più elegante: è una donna più distaccata, strategica, gelosa. Quindi, sottovalutare quest’opera sarebbe da pazzi.

L’Idea: Anche se alla fine è quasi identica alla Cavalleria. È un’opera molto moderna.
Nila Masala: È molto più elegante. La Doña Flor è una donna più distaccata, strategica. Gelosa fino all’inverosimile. Fa ammazzare l’amante dal marito o da un suo sicario. Insomma ci sono tante situazioni molto belle. È un’opera senza respiro. Un’opera molto diversa da questo punto di vista.

In conclusione dobbiamo registrare che il tentativo di intervistare il direttore d’orchestra, M° Filippo Maria BRESSAN, è naufragato per l’indisponibilità del medesimo, in quanto impegnatissimo e concentrato.
Qualche giorno più tardi ci è stato confidato che Bressan, in quella circostanza, era alquanto nervoso in considerazione dello sparuto pubblico presente in sala.

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