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Cibi in scatola? Occhio all’etichetta

La necessità di conservare i cibi per consumarli in luoghi e tempi diversi è un’esigenza antica: già nel 500 a.C. i Fenici portavano a bordo delle loro navi carne secca e pesce affumicato o sotto sale e i Romani conservavano gli alimenti sott’olio. Per arrivare a un tipo di conservazione più simile a quella attuale bisogna, però, andare avanti nel tempo e giungere al XIX secolo, per la precisione al 1810, anno in cui Napoleone indì un concorso per premiare chi avesse messo a punto un sistema utile a conservare i cibi da portare nelle campagne militari. A vincere il premio di 12.000 franchi fu l’ingegnoso cuoco Nicolas Appert, che propose barattoli di vetro sottovuoto, ottenuti riempiendoli di cibo fino all’orlo, togliendo l’aria e chiudendoli ermeticamente con un tappo; il contenitore veniva poi avvolto in una tela e immerso in acqua bollente.

L’inglese Pierre Durand fece un ulteriore passo avanti, sostituendo il vetro con la latta, materiale che presentava alcuni vantaggi: era più leggero, duttile, economico e meno fragile. Brevettò dunque il metodo e lo vendette agli industriali londinesi Bryan Donkin e John Hall, che iniziarono a produrre cibi in contenitori di latta, impiantando un’industria di conserve per rifornire l’esercito inglese. Nel nostro Paese il cibo in scatola è arrivato più tardi e la sua diffusione si deve al commerciante Francesco Cirio che, a partire dal 1856, introdusse in Italia la tecnica allora innovativa della conservazione in scatola, iniziando con i piselli, passando poi ai pomodori e dando così vita a una delle più famose industrie conserviere italiane.

Ancora oggi consumiamo cibi in scatola, sui quali abbiamo acquisito molte informazioni relative alla qualità. Sebbene il consumo di prodotti freschi sia – quando possibile – da preferire, i cibi in scatola offrono diversi vantaggi, ad esempio la possibilità di consumare alcuni alimenti, come i legumi, che altrimenti, data la necessità di tempo per cucinarli, sarebbero meno presenti sulle nostre tavole”, commenta Rosa Siciliano dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa) del Cnr. “Inoltre, i legumi in scatola conservano molte delle proprietà nutrizionali di quelli freschi o essiccati, con buone quantità di ferro, carboidrati e fibre”.I prodotti in scatola vanno però controllati. All’interno delle scatolette la percentuale di sale o di zuccheri è spesso piuttosto alta e, in alcuni casi, vengono aggiunti conservanti e antiossidanti per dare all’alimento aspetto e sapore sempre perfetti”, spiega Virginia Carbone del Cnr-Isa. “Inoltre, nel febbraio 2018, l’Ue ha introdotto limiti più severi per rendere più sicuri i contenitori utilizzati per inscatolare i cibi, onde evitare che possano rilasciare nei cibi e nelle bevande sostanze potenzialmente dannose come il bisfenolo A (Bpa), presente in pellicole e rivestimenti per lattine, per bibite e per alimenti. Il Bpa può potenzialmente interagire con i sistemi ormonali dell’organismo umano, fino a causare endometriosi e infertilità maschile, cancro e diabete”.

Molti consumatori preferiscono alimenti confezionati in vetro. “Il vetro è considerato più sicuro in termini igienico-sanitari e maggiormente in grado di preservare le caratteristiche organolettiche e sensoriali dei cibi. Da non trascurare poi che essendo trasparente consente di vedere ciò che si acquista”, precisa Carbone. “Ma soprattutto, essendo un materiale inerte, ha un rischio minimo di cessione agli alimenti delle sostanze chimiche e rappresenta una barriera di protezione naturale a garanzia della conservazione. Quindi, riduce sensibilmente la problematica delle contaminazioni. Il confezionamento in vetro è generalmente destinato a prodotti di qualità e di maggior prezzo”.

Comunque, i trattamenti tecnologici cui sono sottoposti gli alimenti conservati hanno un impatto sulle qualità nutrizionali che è sia positivo sia negativo. “In alcuni casi, gli alimenti perdono parzialmente potere nutritivo, soprattutto in termini di vitamine, a seguito dei processi di lavorazione e pastorizzazione. Di contro, però, a volte i trattamenti termici aumentano la bioaccessibilità di alcuni composti salutistici. È il caso, ad esempio, del licopene, un carotenoide presente nei pomodori, che si ritrova in maggior quantità nei prodotti cotti come salsa e sugo pronto con olio, rispetto a quello crudo”, conclude Siciliano. “E sebbene i processi tecnologici siano specifici per ciascuna classe di prodotti, non sembra esserci differenza tra le condizioni utilizzate per i prodotti in scatola rispetto a quelli in vetro. Quindi, a parità di prodotto iniziale, le caratteristiche nutrizionali sono simili”.

Rita Bugliosi [da Almanacco della Scienza N. 9 – 5 maggio 2021]

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