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Campi Flegrei, un modello per studiare le caldere vulcaniche

Ricostruito per la prima volta il comportamento pre-eruttivo della caldera dei Campi Flegrei prima dell’eruzione del 1538. Lo studio, firmato da INGV, Università Roma Tre, Federico II, USGS, Roma La Sapienza, Seconda Università di Napoli, è stato recentemente pubblicato su Scientific Reports di Nature

 

Fig. 1. Mappa della caldera dei Campi Flegrei su modello digitale del terreno. Sono riportati: i centri eruttivi attivi tra 15.000 e 9.500 anni fa (cerchi con tratteggio largo), i centri eruttivi attivi tra 8.600 e 8.200 anni fa (cerchi con tratteggio fitto) e quelli attivi tra 4.800 e 3.800 anni fa (cerchi verdi). Le linee rosse rappresentano le faglie principali e la linea nera il bordo della caldera formatasi 15.000 anni fa, durante l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano. L’ellisse gialla e la croce rappresentano rispettivamente l’area maggiormente sollevata negli ultimi 5.000 anni e il centro della caldera. L’ellisse verde rappresenta la proiezione in superficie di un corpo ellissoidale pressurizzato, sorgente delle deformazioni recenti della caldera e posto a circa 4 km di profondità. I quadrati neri sono i punti per i quali sono stati definiti i movimenti del suolo negli ultimi 2000 anni e in particolare in connessione con le fasi deformative che hanno portato all’eruzione del Monte Nuovo. La linea blu rappresenta la falesia del terrazzo marino de La Starza, un’area sommersa e poi sollevata negli ultimi 10.000 anni di circa 100 m in connessione con le fasi eruttive principali della caldera. Nell’inserto è riportata la frequenza delle bocche eruttive negli ultimi 5.000 anni in funzione della distanza dal centro della caldera. Da notare che la massima concentrazione di bocche si verifica tra 3 e 5 km dal centro della caldera e ai bordi dell’area di massimo sollevamento.

Risultati geologici, archeologici, storici, analisi di laboratorio e modelli matematici hanno permesso di ricostruire per la prima volta i fenomeni precursori dell’unica eruzione avvenuta nella caldera dei Campi Flegrei in epoca storica e la dinamica di risalita del magma che l’ha alimentata. Il lavoro multidisciplinare, realizzato da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), delle Università Roma Tre, Federico II, Roma La Sapienza, dell’United States Geological Survey (USGS) e della Seconda Università di Napoli, ha ricostruito gli elementi essenziali del trasferimento di magma pre-eruttivo nell’eruzione del 1538. Lo studio Magma transfer at Campi Flegrei caldera (Italy) before the 1538 AD eruption (link: www.nature.com/articles/srep32245), è stato pubblicato su Scientific Reports di Nature.

 

“Prevedere le eruzioni, in particolare in vulcani ad alta pericolosità, è la sfida che la vulcanologia deve affrontare oggi”, afferma Mauro Di Vito, Primo Ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV (OV-INGV). “Alcuni vulcani mostrano un comportamento prevedibile e costante, unito ad una bassa pericolosità, altri mostrano una maggiore variabilità, con conseguente aumento della pericolosità se caratterizzati da grossi sistemi magmatici e ubicati in aree densamente popolate. È il caso della caldera dei Campi Flegrei, alla periferia occidentale di Napoli, comunemente considerata come il vulcano più pericoloso al mondo”.

Sebbene l’ultima eruzione sia avvenuta nel 1538, i Campi Flegrei negli ultimi decenni sono stati soggetti a numerosi episodi di crisi, legati a movimenti del suolo, sismicità superficiale e degassamento. Nonostante i vari studi effettuati sui Campi Flegrei, finora le modalità di propagazione superficiale del magma non erano ancora conosciute, nemmeno prima dell’eruzione del 1538. Si tratta di una problematica cruciale, che potrebbe fornire informazioni preziose per prevedere il movimento del magma e la possibile apertura di bocche eruttive, in una qualunque futura riattivazione del sistema.

Fig. 2. Localizzazione delle sorgenti della deformazione del suolo nel lungo periodo (1400–1536) e nel breve periodo immediatamente precedente l’eruzione del 1538 (1536–1538). La linea Bianca sulla mappa indica la traccia della vista in sezione che mostra la profondità e posizione delle sorgenti magmatiche nei due periodi citati (b). In nero sulle sorgenti le barre di errore. In basso (c) i profili di deformazione del suolo lungo la costa, nei due periodi citati.

“La ricerca ha permesso di ricostruire per la prima volta i fenomeni precursori dell’unica eruzione avvenuta nella caldera dei Campi Flegrei in epoca storica e la dinamica di risalita del magma che ha alimentato questa eruzione”, aggiunge Di Vito. Tecniche tradizionali della geologia,geomorfologia, paleontologia e geocronologia sono state integrate da analisi delle fonti storiche e archeologiche e modelli matematici per definire in modo accurato la dinamica di abbassamento e sollevamento del suolo (bradisismo) nella caldera negli ultimi 2000 anni, con particolare attenzione al periodo durante il quale è avvenuta l’eruzione del Monte Nuovo (1538).

“Sono stati definiti e ricostruiti i movimenti del suolo in venti punti localizzati lungo tutta la costa flegrea, da Capo Miseno a Nisida (Fig. 1). E l’interpretazione dei risultati ha permesso la ricostruzione del trasferimento di magma pre-eruttivo ai Campi Flegrei sia nel breve (pre-1538) sia nel lungo termine (ultimi 5000 anni) (Fig. 2 e 3), con definizione delle relative aree di stazionamento. In particolare, nonostante i ripetuti sollevamenti nella parte centrale della caldera Flegrea, le eruzioni hanno sistematicamente avuto luogo al margine dell’area sollevata”.

Questo studio permette di definire ed interpretare meglio i fenomeni in corso nella caldera e aiuta a prevedere la localizzazione di bocche eruttive future, con evidenti ricadute sulla mitigazione del rischio vulcanico.“Tale modello”, conclude Mauro Di Vito, “è anche in accordo con i dati di monitoraggio di altre caldere attive che hanno recentemente eruttato nel mondo, che mostrano comportamenti simili, con eruzioni ai margini dell’area sollevata prima dell’eruzione. Ciò  suggerisce che tali comportamenti costituiscano un’importante chiave di lettura per la generale comprensione della dinamica delle caldere.

Fig. 3. Modello di trasferimento di magma prima dell’eruzione di Monte Nuovo (arancione). Il magma prima si sposta lateralmente da una sorgente magmatica di forma oblata (OMR) posta a circa 4.6 km di profondità sotto il centro della caldera e alimenta una camera magmatica eccentrica, sotto Monte Nuovo (Monte Nuovo Reservoir, MNR) a circa 3.8 km di profondità. Da questa il magma si propaga verticalmente formando una camera magmatica più piccola e superficiale e per poi alimentare l’eruzione. Le altre frecce verticali indicano lo stesso meccanismo di risalita del magma, responsabile di alcune eruzioni avvenute nella caldera negli ultimi 5.000 anni. La nostra ricostruzione suggerisce il seguente modello concettuale generale per il trasferimento di magma nelle caldere (immagini a destra): al di sopra di una camera magmatica centrale si forma un’intrusione di magma tabulare (sill), alimentata da un dicco (linea rossa) e risultante dall’impilamento di altre intrusioni tabulari (linee viola). Il sill determina il sollevamento della parte centrale della caldera dove la messa in posto dei sill precedenti ha prodotto la risorgenza della caldera. Gli sforzi di taglio si concentrano ai bordi del sill (line arancioni) che si propaga lateralmente seguendo la componente minore dello sforzo. Ai bordi il sill cambia la propria pendenza e diventa un dicco subverticale e alimenta eruzioni ai bordi dell’area maggiormente sollevata (triangoli neri).

 

Abstract

Calderas are collapse structures related to the emptying of magmatic reservoirs, often associated with large eruptions from long-lived magmatic systems. Understanding how magma is transferred from a magma reservoir to the surface before eruptions is a major challenge. Here we exploit the historical, archaeological and geological record of Campi Flegrei caldera to estimate the surface deformation preceding the Monte Nuovo eruption and investigate the shallow magma transfer. Our data suggest a progressive magma accumulation from ~1251 to 1536 in a 4.6 ± 0.9 km deep source below the caldera center, and its transfer, between 1536 and 1538, to a 3.8 ± 0.6 km deep magmatic source ~4 km NW of the caldera center, below Monte Nuovo; this peripheral source fed the eruption through a shallower source, 0.4 ± 0.3 km deep. This is the first reconstruction of pre-eruptive magma transfer at Campi Flegrei and corroborates the existence of a stationary oblate source, below the caldera center, that was feeding lateral eruptions for the last ~5 ka. Our results suggest: 1) repeated emplacement of magma through intrusions below the caldera center; 2) occasional lateral transfer of magma feeding non-central eruptions within the caldera. Comparison with historical unrest at calderas worldwide suggests that this behavior is common.

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