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Articolo sulla traslazione delle ossa di Nicolò van Westerhout

“Nemo propheta acceptus est in patria sua” (nessun profeta è accetto nella sua patria). Una volta tanto a sovvertire l’ordinamento della granitica saggezza e la pragmatica sagacia di motti, aforismi e proverbi, ci ha pensato un manipolo di tenaci sognatori che di un sogno (o utopia per taluni) ne ha fatto uno scopo, una causa da sposare, un obiettivo da perseguire, trasformandolo in realtà. Le spoglie del celebre musicista Niccolò van Westerhout, dopo inenarrabili traversie, son state riconsegnate alla sua natia, amata, Mola di Bari, nel 150esimo anniversario della sua nascita. È stato l’interessamento, non scevro di caparbietà, di un singolo uomo, Antonio Palumbo, a disinnescare un meccanismo d’immobilismo generale, a far da apripista, capitano di ventura, coinvolgendo in questo progetto altre persone determinate, in primis l’Editor in Chief dell’IDEA, Leonardo Campanile. Il comitato pro van Wasterhout è costituito oltre che dal Presidente Leonardo Campanile e da Palumbo (entrambi molesi), appassionato di cultura popolare, studioso di musica folk pugliese e classica, autore de “I canti popolari molesi” e coautore (assieme ad Antonio Abatangelo) del “Vocabolario etimologico illustrato del dialetto molese”, da Anna Argentino, briosa napoletana (“DOC”, come lei stessa ama definirsi), attrice di teatro, globe-trotter, cultrice della bella Musica (jazz, gospel, spirituals, classica), la quale tanto da fare si è data per rintracciare dapprima l’ultima dimora di Niccolò van Westerhout, e infine il loculo, nel cimitero monumentale di Napoli, che serbava le spoglie del musicista molese, da Vincenzo Ranieri, membro della Confeuro (un’associazione che unisce sindacato Caf e Patronato), una sorta di “inside trader” nella vicenda, mediatore-negoziatore nel sancta sanctorum del Comune di Mola e punto di congiunzione tra Comitato e forze politico-amministrative (giacché l’iniziativa ha avuto il patronage del Comune, la cooperazione da parte del sindaco Nico Berlen, dell’assessore alla cultura Andrea Gargiulo e di Luigi Caccuri, dirigente del settore cultura), dall’Italy Executive Director dell’IDEA (con mansione di collegamento con la Regione Puglia), Marino Marangelli, molese doc anch’egli, fautore di associazioni di volontariato, ed ex presidente della sezione di Protezione Civile alle dirette dipendenze da Roma del Dipartimento di Protezione Civile. A supportare e affiancare in quest’ardua impresa, i nostri “eroi”, con smisurate pazienza e costanza, c’è sempre stata Maria Di Giorgio, ostinata e combattiva, consorte di Leonardo Campanile, e Managing Director (dal 1994) del periodico degli italiani negli Usa “L’IDEA” (e promotrice, organizzatrice, di Concorsi di bellezza quali Miss Puglia e Miss Idea), tesoriere del Circolo Culturale di Mola negli States.

 

C’è chi pace non trova in Terra e chi neppure purtroppo dopo aver lasciato questo mondo, basti pensare ad un illustre collega di van Westerhout, ovvero il celeberrimo genius, enfant prodige, Johannes Wolfgang Amadeus Mozart. Le cause della sua morte sono ancora avvolte nel mistero. Morì forse per febbre reumatica, o per avvelenamento da parte di un rivale in amore, o per vendetta poiché coinvolto nella massoneria (Mozart faceva parte di una potente loggia massonica del tempo). Demolita per sempre la tesi dell’avvelenamento (causato dal vizio capitale dell’invidia) da parte del musicista Salieri, discreditato e vilipeso per secoli dai suoi detrattori, una delle grosse bugie della storia, smentita da Piero Melograni, nel libro “WAM, la vita e il tempo di Wolfgang Amadeus Mozart”. Di falsi storici, del resto, ne son pieni i libri su cui abbiamo studiato, come il rogo di Roma ad opera di Nerone, definito addirittura l’Anticristo. Sarà stato pure un megalomane e colpevole di matricidio (uccise sua madre Agrippina, sorella di Caligola), un eccentrico sui generis, ma non un piromane o un efferato “serial killer” (si narra che l’uccisione della sua seconda moglie Poppea fu un tragico incidente). Non appiccò fuoco a Roma, anche perché era nella sua natia Anzio, quando la Caput Mundi bruciò nel 64 d. C. tra le fiamme. Lucio Domizio Enobarbo Nerone amava tantissimo l’arte e la città eterna (amava, riamato, Roma, che tra l’altro sotto il suo impero conobbe gran fama e splendore). A discolpare Nerone, ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia, furono anche Tacito e Svetonio (suo grande detrattore che di certo avrebbe colto la palla al balzo e non avrebbe avuto remora alcuna nel pontificare, accusare e scagliarsi contro di lui ed affossarlo definitivamente anziché scendere in campo in sua difesa come invece fece). Scagionato quindi pure Salieri, uno dei carnefici per antonomasia, dei cattivi della storia, come Nerone, vittima in realtà di una menzogna costruita ad arte a suo danno. Mozart morì povero e misconosciuto, venne sepolto senza onori in una squallida fossa, in un piccolo cimitero fuori Vienna, il presunto teschio si troverebbe a Salisburgo. Similitudini tra il musicista austriaco e il molese, d’origini fiamminghe, Niccolò van Westerhout, ce ne sono, ma per fortuna l’epilogo è stato ben diverso! Anche Niccolò fu un bambino prodigio, infatti a soli 13 anni compose un’opera sul soggetto del Giulio Cesare di William Shakespeare, d’allora iniziò la sua folgorante carriera, grazie anche al sostegno della giunta comunale di Mola che gli permise di trasferirsi a Napoli per poter frequentare il Conservatorio San Pietro a Macella ove studiò composizione con Nicola De Giosa, Nicola D’Arienzo, Lauro Rossi. Van Westerhout, autore di opere liriche quali “Tilde”, “Cimbellino”, la cui prima fu rappresentata al teatro Argentina di Roma nel 1892, “Fortunio”, “Doña Flor”, “Colomba”, e di una vasta produzione cameristica e sinfonica, morì a Napoli Il 21 agosto 1898, per i postumi di una peritonite. Siccome la famiglia versava in una condizione di considerevole indigenza, fu proprio il Comune di Napoli ad assumersi tutti gli oneri del funerale del musicista pugliese. Vincenzo van Westerhout (anch’egli maestro di musica, ma dallo scarso talento artistico), con alcuni amici, provò (ma non riuscì) a divulgare le opere di suo fratello Niccolò, ma in seguito al diniego di vari editori e non potendo quindi ottenere il denaro necessario alla diffusione delle opere, Niccolò cadde purtroppo nell’oblio. Ci aveva pensato Mola di Bari a perpetrarne il ricordo, con un’iscrizione commemorativa, marmorea, posta presso la casa natale, con una strada e un teatro a lui tributati e intitolati, con una statua ad opera dello scultore molese Bruno Calvani, fatta erigere nella piazza principale, che rappresenta la protagonista Doña Flor. Ma il meglio doveva ancora venire! Niccolò era stato deposto nel Cimitero Monumentale di Poggioreale nel capoluogo campano, insieme ai suoi familiari. Dopo accurate ricerche, finalmente è stato rintracciato e individuato il loculo in cui erano state deposte le spoglie di Niccolò, insieme a quelle del padre Onofrio Agostino Napoleone, e delle sorelle Angela e Antonia. Vincenzo invece, il cui loculo riportava inciso il suo nome, fu deposto nell’ossario comune così come probabilmente anche Rosa, primogenita di sei figli tra sorelle e fratelli (per l’appunto Rosa, Vincenzo, Angela, Antonia, Giuseppe Natale, e il nostro Niccolò), mentre dell’altro fratello, Giuseppe Natale, non si è mai saputo nulla, così come della madre di Niccolò, Teresa Amalia Fortunata Montini. Il 19 febbraio 2007, Mola di Bari, la Puglia, l’Italia intera, hanno vissuto un evento memorabile: in questa storica data, difatti, Niccolò ha avuto gli onori che si meritava, dopo esser stato portato dal cimitero monumentale di Napoli (in questa circostanza oltre alla sottoscritta erano presenti Leonardo Campanile, Maria Campanile, Antonio Palumbo, Anna Argentino, Marino Marangelli e gentile consorte, il sindaco di Mola, Berlen) nella sua città natale. È stato emozionante guardare il cranio, i resti mortali, in perfetto stato di conservazione, di un musicista apprezzato ai suoi tempi nel nostro Bel Paese, soprattutto a Roma, Milano, Napoli dove era osannato e considerato loro concittadino. Ma ciò che è stato più gratificante e ha fatto bene al cuore a noi tutti coinvolti in quest’importante iniziativa e straordinaria “avventura”, è stato il ritorno di Niccolò nella sua Mola, in pompa magna. La fanfara dell’aeronautica militare, le autorità civili, militari e religiose, poi, la sera, nel teatro van Westerhout, il “Bentornato” e gli interventi da parte del sindaco Berlen nell’ambito della cerimonia di commemorazione (con la targa a ricordo della traslazione delle sue spoglie).

 

Prima del bellissimo concerto, ha avuto inizio il discorso da parte di un commosso ed entusiasta Leonardo Campanile che ha ringraziato tutta la redazione dell’IDEA, dall’Editorial Director Tiziano Thomas Dossena a Silvana Mangione, curatrice della messa in scena della “Doña Flor” a New York, oltre che P.R. Director e valente writer del nostro periodico bilingue, amatissimo dagli italoamericani, da Nicholas e Dominic Campanile (English Director, grafico e computer layout della rivista l’IDEA), figli di Leonardo, e naturalmente sua moglie Maria Campanile”, “compagna fedele da oltre 30 anni nelle mie iniziative a favore della comunità molese”, alla sottoscritta per aver seguito come giornalista, in data 19 febbraio 2007, tutto l’evento dal primo mattino a tarda sera, dalla traslazione delle ossa dal cimitero di Napoli all’arrivo di Niccolò a Mola, e nel suo teatro. Accolto da applausi scroscianti e standing ovations, Leonardo Campanile ha inoltre ringraziato tutti i componenti del Comitato a cominciare dall’avvocato Francesco Ricci di Salerno, che ha lottato strenuamente per superare gli intoppi della lenta burocrazia italiana, Anna Argentino di Napoli, che si è impegnata in faticose e lunghe ricerche per localizzare la tomba di Niccolò, e tutti i molesi: l’organizzatrice Carmela Surace, Enzo Ranieri, il rappresentante in Italia per conto della rivista, Marino Marangelli, il sindaco Nico Berlen e, dulcis in fundo, ringraziamenti strameritati all’indirizzo di Antonio Palumbo. Campanile ha applaudito Niccolò, affermando: “Oggi abbiamo dato la nostra modesta collaborazione al suo ritorno definitivo a Mola, le composizioni di Niccolò meritano certamente rinomate platee di conoscitori”. Campanile ha poi citato alcune frasi di Niccolò, pronunciate dopo il successo della sua opera “Cimbellino”, a Roma, nel 1892: “Vorrei essere libero di me…Senza obblighi, senza bisogni, per venire a Mola, per starci lungamente, ignorato e dimenticato, a lavorare e a sognare. Penso che soltanto in questo bagno di solitudine e di pace, riuscirei a farmi il nuovo cuore che mi è necessario per l’opera mia definitiva, per quella in cui sarò tutto io e solamente io…”. Niccolò in punto di morte, proferì le seguenti parole, raccolte dal suo amico Scalinger: “Troppo presto, troppo presto…Mi restava ancora tanto da fare…Luce, luce…”. Niccolò van Westerhout nacque a Mola il 17 dicembre 1857 e morì a Napoli il 21 agosto 1898, ma Niccolò ha visto quell’agognata luce, è rinato per tutti noi, insieme a noi, nella sua Mola!!

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