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Antartide, memoria del nostro pianeta

di Alessandro Frandi

Quest’area del Pianeta – insieme all’Artico –  riveste un ruolo centrale per molteplici motivi. Innanzitutto per comprendere le variazioni climatiche verificatesi nel corso di millenni, ma anche per i resti fossili qui conservati e per testare attrezzature e tecnologie destinate all’esplorazione spaziale. A illustrare le opportunità che questa zona così remota e sensibile offre agli scienziati è Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche

L’Antartide è un punto della terra importante, è generalmente considerato una riserva naturale protetta, a partire dal “Trattato antartico”, firmato nel 1959 e in vigore dal 1961. Il documento stabilisce che si tratta di una zona dedicata alla pace e alla ricerca scientifica e vieta le attività militari, oltre a mettere in atto misure per la conservazione ambientale e per proteggere l’ecosistema fragile, così da permettere la ricerca scientifica senza comprometterne l’integrità. Il Protocollo del “Trattato antartico sulla protezione dell’ambiente” (Protocollo di Madrid), firmato nel 1991, è entrato invece in vigore nel 1998 e promuove il rispetto e la tutela dell’ambiente in questa zona. Esso impone restrizioni specifiche sulle attività umane, volte a preservare l’ambiente antartico, inclusa la gestione dei rifiuti, la prevenzione dell’inquinamento, la conservazione della flora e della fauna, nonché l’approccio precauzionale verso azioni che potrebbero avere un impatto ambientale significativo.

L’Antartide è definito anche la “memoria del nostro pianeta” per diverse ragioni significative. Innanzitutto, i suoi  strati di ghiaccio fungono da archivio naturale delle variazioni climatiche del passato, come conferma Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di scienze polari (Isp) del Consiglio nazionale delle ricerche: “Lo studio dei nuclei di ghiaccio estratti da queste regioni permette agli scienziati di comprendere le variazioni climatiche avvenute nel corso dei millenni, inclusi i cambiamenti nella temperatura, nei livelli di anidride carbonica (CO2) e nelle condizioni ambientali. L’Antartide conserva inoltre resti fossili e testimonianze geologiche che risalgono a milioni di anni fa. Questi reperti forniscono informazioni cruciali sulla storia della Terra, sulle specie che hanno abitato il pianeta in epoche remote e sull’evoluzione dei continenti”.

La relativa mancanza di importanti influenze antropiche rende poi quest’area un habitat unico e praticamente intatto. Studiarne gli ecosistemi fornisce dunque informazioni preziose su come la vita si adatta a condizioni estreme e può essere un punto di riferimento per comprendere meglio la resilienza degli ecosistemi terrestri. “Oltre a fornire informazioni sul passato, l’Antartide è importante per capire le variazioni ambientali in corso. Il riscaldamento globale e altri cambiamenti climatici stanno influenzando rapidamente questa regione, monitorare queste modifiche è quindi essenziale per conoscere meglio l’impatto del cambiamento climatico sulle regioni polari e sull’intero pianeta”, chiarisce il direttore del Cnr-Isp.

L’opinione pubblica generalista si chiede perché siano drasticamente mutate attualmente le temperature ai Poli. “Anche le aree polari risentono del riscaldamento globale. Questi cambiamenti sono principalmente attribuibili alle attività umane, come l’uso dei combustibili fossili, l’industria e l’agricoltura, che hanno aumentato notevolmente le emissioni di gas serra, come CO2, metano (CH4) e ossidi di azoto (N2O)”, evidenzia Barbante. “Questi gas intrappolano il calore nell’atmosfera, causando l’effetto serra e contribuendo al riscaldamento globale e alla fusione dei Poli. Tuttavia, le temperature nelle zone polari e in particolare nell’Artico sono aumentate a un ritmo più elevato rispetto ad altre parti del pianeta. L’aumento delle temperature accelera la rapida fusione del ghiaccio marino nell’Artico e la perdita della massa glaciale in molte regioni dell’Antartide e della Groenlandia, contribuendo al riscaldamento regionale e globale. Una volta che il ghiaccio fonde, la superficie libera d’acqua o la terra esposta assorbono più calore rispetto alla superficie riflettente del ghiaccio, accelerando ulteriormente il riscaldamento. Alcuni cambiamenti causati dal riscaldamento globale possono innescare processi di feedback positivi. Ad esempio, il riscaldamento dell’Artico può portare al rilascio di grandi quantità di metano precedentemente intrappolato nel permafrost, il che contribuirebbe ulteriormente all’effetto serra e al riscaldamento”.

Questi fattori combinati hanno portato a un rapido aumento delle temperature nelle zone polari, con conseguenze significative come il mutamento dei regimi di neve e ghiaccio, l’innalzamento del livello del mare, l’alterazione degli ecosistemi e impatti sulle comunità umane che vivono in queste regioni. La comprensione di questi processi è importante per mitigare ulteriori cambiamenti climatici e per adattarsi alle nuove condizioni ambientali, per questo le spedizioni scientifiche in questo territorio sono fondamentali. “Le regioni polari sono tra le zone più sensibili ai cambiamenti climatici, le spedizioni scientifiche permettono quindi di raccogliere dati diretti per monitorare e comprendere meglio l’impatto del riscaldamento globale su ghiacciai, ghiaccio marino, ecosistemi e conseguente aumento del livello del mare. Inoltre, gli ecosistemi polari si sono adattati a condizioni estreme e studiarli aiuta a comprendere come la vita sopravvive in ambienti così ostili”, aggiunge l’esperto. “Questi dati sono essenziali per monitorare la salute degli ecosistemi polari e prevedere le loro risposte ai cambiamenti ambientali. Non solo, anche la geologia beneficia grandemente della ricerca polare: le spedizioni permettono di raccogliere campioni di terreno, roccia e ghiaccio, aiutando gli scienziati a capire la storia geologica e climatica delle regioni polari. Analizzando questi campioni, è possibile ricostruire il passato remoto della Terra e ottenere informazioni su come il clima e l’ambiente l’hanno cambiato nel corso del tempo”.

Le condizioni estreme delle regioni polari, simili a quelle di pianeti come Marte o Europa (luna di Giove), rendono poi queste aree ideali per testare attrezzature e tecnologie destinate all’esplorazione spaziale. Inoltre, lo studio della vita microbica e delle condizioni ambientali nei Poli può fornire informazioni preziose per capire la possibilità di vita in ambienti extraterrestri.

Un altro impatto evidente è il cambiamento nei processi migratori e comportamentali degli animali antartici. “Specie come i pinguini, le foche e altri mammiferi marini stanno adattando i loro cicli di vita e i loro percorsi migratori in risposta ai cambiamenti nella distribuzione del ghiaccio marino e delle risorse alimentari. Alcune colonie di pinguini, ad esempio, sono state spinte a spostarsi in cerca di habitat più favorevoli per la loro sopravvivenza”, osserva il direttore del Cnr-Isp. “La comprensione di questi cambiamenti diviene essenziale per valutare gli impatti a lungo termine sul clima globale e sull’ecosistema antartico. Le ricerche scientifiche continuano a giocare un ruolo fondamentale nel monitorare e comprendere questi cambiamenti, utilizzando tecnologie avanzate come satelliti, sonde e stazioni di ricerca sul campo”.

È fondamentale, dunque, agire con urgenza per ridurre le emissioni di gas serra e rallentare il cambiamento climatico. Inoltre, è necessario adottare strategie di conservazione e gestione sostenibile delle risorse per preservare l’ecosistema antartico e proteggere le specie vulnerabili che vi abitano. “Solo con un impegno globale condiviso possiamo sperare di proteggere questa regione cruciale e mitigare i suoi impatti sui sistemi climatici globali”, conclude Barbante.

[Almanacco della Scienza N.1, 2024]

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