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ALICE. Racconto di Bruno Pegoretti.

ALICE
Racconto di Bruno Pegoretti. © 2022

Una pioggerellina fastidiosa, fin dal primo pomeriggio.
Le undici di sera, minuto su, minuto giù.
La macchina sbanda, schiantandosi contro uno dei platani secolari che costeggiano in fila parallela l’interminabile viale sul lungomare.
C’è voluta più di mezz’ora prima di tirarla fuori, incastrata com’era tra le lamiere.
Restò tre giorni e tre notti in rianimazione.
Alice morì alle quattro e trentadue minuti del mattino, in un venerdì piovoso di marzo.
Me la fecero vedere solo allora, tumefatta, irriconoscibile.
M’inginocchiai ai piedi del letto, col viso chino, chiuso tra le mani. Mi rialzai e cominciai a baciarla sulla fronte oltraggiata dai tagli, sulle palpebre livide, sulle guance gonfie, sui capelli disordinati, sulle mani incrociate sul grembo, bianche, innaturalmente rigide, poggiate sul lenzuolo d’ospedale.
Piangevo.
Piangevo e non la smettevo più.
Un’infermiera si avvicinò, mi prese sotto braccio: “Via, signor Alfonso, si faccia coraggio. Vuole qualcosa per stare tranquillo?”
Qualcosa?
Ridatemi la mia Alice, perdio. Chi me la rende la mia Alice? Tra qualche giorno avrebbe compiuto 34 anni. Si può morire a 34 anni, cazzo?
Tornai a casa a piedi. Non ce la facevo a guidare. Le lacrime mi offuscavano gli occhi e la mia vita finiva d’essere la mia vita.
Non so se ci saremmo sposati…

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