Pieno successo per Adriana Lecouvreur a Verona. Hui He e Carmen Topciu sono le due dive protagoniste di questa produzione fortunata ed acclamata dal pubblico.
Recensione Di Federico Scatamburlo (da Opera Amor Mio magazine)
Al Teatro Filarmonico di Verona è andata in scena la prima recita dell’opera in titolo, domenica 31 marzo 2019.
Adriana Lecouvreur, opera storica di Francesco Cilea del 1902, se osservata in retrospettiva è un’opera minore per molti aspetti, con una trama forse inutilmente complicata, e con una dimessa aria generale che non sarebbe fuori posto in una moderna telenovela. Eppure, come uno dei suoi predecessori, Vincenzo Bellini, Cilea ha saputo trasformare e far apprezzare anche le trame più semplici con alcune delle melodie più puramente belle che siano mai state ascoltate in un teatro d’opera.
Mettici una buona regia e un buon comparto canoro e la serata diventa meravigliosa.
Tratta dalla commedia omonima di E. Scribe ed E. Legouvé, su libretto di A. Colautti, riassumendo in breve si narra della storia di un attrice realmente esistita: nonostante la storia sia apparentemente ingarbugliata, è un classico triangolo amoroso, che si svolge proprio in un teatro durante una attesissima rappresentazione di due dive famose, la Duclos e Adriana, appunto. Quest’ultima mira coltivare il suo amore per Maurizio, nobile in incognito, ma senza aver fatto i conti con una serie di imbrogli e pettegolezzi dietro le quinte e soprattutto con la protettrice dello stesso, la principessa di Bouillon, che ne è anch’ella spietatamente innamorata e gelosissima. Il finale inusuale, non pomposo e clamoroso come ci si aspetta, ma leggero come una farfalla, lascia lo spettatore un po’ sospeso, vedendo l’eroina di turno che scivola piano verso la morte accanto al suo amato che l’ha appena chiesta in sposa, con buona pace della delusa rivale insoddisfatta che l’ha tolta di scena con il suo stesso pegno d’amore, un mazzolino di violette – avvelenato.
Ivan Stefanutti, curando regia, scene e costumi, ambienta la narrazione in un periodo relativamente moderno: al posto delle parrucche tipiche del ‘700, troviamo infatti uno stile piuttosto liberty che tuttavia ben si presta ad enfatizzare i personaggi delle “dive” protagoniste del teatro nel teatro, complici, insieme ai movimenti scenici di Michele Cosentino, anche i bei giochi di luce di Paolo Mazzon, che chiaramente anticipano i chiaro/scuri che di lì a poco caratterizzeranno le prime arti cinematografiche. Scenografie semplici nei materiali, ma efficaci e raffinate, rendono perfettamente l’idea degli ambienti in cui si svolge l’azione, e sono perfetta cornice agli elegantissimi e raffinati costumi, per lo più in bianco e nero, indossati dagli artisti. Bella anche l’idea di proiettare nello sfondo una foto in bianco e nero dei palchi teatrali, a riprodurre il teatro nel teatro dove le protagoniste si esibiscono.
Particolarmente ardua la strada di Maurizio, che si dipana in ottave altissime che hanno messo a dura prova Fabio Armiliato debuttante in questo ruolo e per la prima volta impegnato in un intera opera in questo palco. Ma questo non gli è d’impaccio e trova la formula giusta per una dignitosissima performance.
Hui He si cimenta subito nell’aria più conosciuta: Adriana Lecouvrer incanta infatti i suoi sostenitori già nel primo atto con la modestia della “Io son l’umile ancella”. Il soprano cinese è ben preparato a questa sfida, che è il biglietto da visita dell’opera, e sorprende tutti mettendo sempre al posto giusto splendidi filati, mezze voci e la giusta energia quando necessario.
Ma è nel recitativo e nell’aria del monologo di Fedra che questo personaggio deve sfoderare tutte le sue abilità interpretative e Hui He la supera brillantemente.
Adriana inconsapevolmente aiuta la sua rivale a uscire da una situazione particolarmente spinosa. La principessa di Bouillon infatti è sposata con il Principe, e per poco non viene colta in flagrante. L’aria con la quale la principessa attende il suo amante, Acerba Voluttà, è particolarmente sfarzosa e d’impatto, e Carmen Topciu la risolve, così come in tutta la sua interpretazione, con mirabile controllo, ma con la giusta veemenza e passione dell’amante gelosa.
In questo triangolo spicca anche un altro personaggio innamorato di Adriana, Michonnet, suo devoto e direttore del teatro. Egli non si dichiarerà mai apertamente ma sarà vicino all’amata sino alla fine. In questa parte Alberto Mastromarino dà questa volta prova di sé soprattutto come grande istrione. Non trovando evidentemente in questa serata il timbro e il colore giusti, sfrutta di più il “declamato” piuttosto che il cantabile, riuscendo comunque in una onorevole esibizione.
Piuttosto bene anche per il Principe di Bouillon, Alessandro Abis.
I protagonisti sono sostenuti da comprimari perfettamente di contorno ma non meno importanti alla storia: L’abate di Chazeuil (Roberto Covatta), Poisson (Klodian Kacani), Quinault (Massimiliano Catellani), Madamigella Jouvenot (CristinArsenova), Madamigella Dangeville (Lorrie Garcia) e Un maggiordomo (Michelangelo Brunnelli).
Troviamo l’orchestra del Teatro Filarmonico di Verona particolarmente in forma in questa giornata e in questa difficilissima partitura: con la direzione di Massimiliano Stefanelli che conduce con tempi netti, rifiniti e mai con volumi esagerati, ne risulta un esecuzione di altissimo livello. Bravi.
Ineccepibile, come sempre il Coro areniano, guidato da Vito Lombardi.
Non possiamo esimerci nell’esprimere un pensiero alla compianta Daniela Dessi, che ricordiamo con nostalgia in memorabili esecuzioni di Adriana, e in tutto il suo repertorio.Il sovrintendente del teatro, Cecilia Gasdia, sua cara amica, ha dedicato infatti a lei questa serata.
Photo©ENNEVI – FONDAZIONE ARENA DI VERONA
Direttore allestimenti scenici Michele Olcese
Allestimento del Teatro Sociale di Como – As.Li.Co.
Costumi Atelier Nicolao S.r.l. – Venezia