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Acqua cheta a Venezia

Il festival più vecchio del mondo perde colpi; che tristezza. Il Direttore Paola Baratta, con tutta la buona volontà, non è riuscito a far decollare un festival prestigioso.

I temi dei film proposti sono variegati e per tutti i gusti; commovente ad esempio l’omaggio di Spike Lee alla vita di Michael Jackson e la sua commozione in sala stampa. Tutt’altro universo il film cinese di Stephen Fung, “Thai Chi 0 (zero)” sulla disciplina del Thai Chi corredata da una storia d’amore nell’antica Cina e supportata da una colonna sonora molto moderna; ho avuto il piacere di intervistare il cast e vedere con piacere tanti giovani e com’è giovane la voglia di fare cinema in Cina.

Tra le star presenti due hanno riscosso molto successo: una è Robert Redford, con il suo film “The company you keep” un action movie intenso di cui Redford è attore e regista. In conferenza stampa l’attore porta il suo impegno politico e sociale; peccato che molti, invece di ascoltare, si limitino a commentare “ com’è invecchiato”!!! Vorrei ricordare ai tanti che è un processo biologico inarrestabile cui andiamo tutti incontro!

L’altra star, che ho anche intervistato, è Pierce Brosnan, che era presente con un film agrodolce girato a Sorrento, “ Love is all you need”, della regista Susanne Bier. A lui ho chiesto se è stato facile spogliarsi dei panni di James Bond e interpretare altri personaggi. Ecco la sua risposta: “ Sarò sempre grato al personaggio Bond che mi ha reso famoso in tutto il mondo e che mi ha dato l’opportunità di scegliere poi personaggi e copioni con cui esprimere la mia voglia di recitare”. Modesto, elegante, simpatico Brosnan, in sala stampa parla anche del suo grande dolore per la perdita della moglie e il grande amore per i suoi figli; dire che è un gentleman è poco.

Di tutt’altra pasta la posizione in sala stampa di Joaquin Phoenix, attore splendido (chi non ricorda il suo cattivissimo Commodo, ruolo interpretato nel film “Il Gladiatore” di R. Scott?). Phoenix si rifiuta di rispondere alle domande, non ne ha voglia. Non vuole essere fotografato e fuma in conferenza (ed è vietato); ne fuma una dietro l’altra … vuol essere notato? È proprio il suo carattere? Non posso rispondere, ma vorrei ricordare al signor Phoenix che senza il nostro biglietto pagato al cinema, ora lui forse farebbe un altro mestiere. Per dovere di cronaca, il film a cui partecipa il suddetto è “The Master”, del regista P. T. Anderson, un film ispirato alla vita e nascita della “setta” o “religione” Scientology, i cui membri più famosi sono Tom Cruise e John Travolta; in conferenza è stata smentita una litigata fra il regista e Cruise.

Un film che ha fatto discutere e addirittura suscitare le ire del Vaticano è stato il film del regista austriaco Ulrich Seidl. Il suo film parla di un metodo abbastanza ortodosso di predicare e vivere il cattolicesimo: i fedeli vanno in giro casa per casa con le Madonnine per fare proseliti, i suoi adepti usano flagellarsi e portare il cilicio.

Una “martire” l’attrice austriaca protagonista Maria Hofstaetter, che in scena ha dovuto fustigarsi sul serio e che mi ha confessato di aver provato dolore per tre giorni … ma che poi il dolore passa e ci si può flagellare ancora!!! Per questo film il regista ha ricercato tra questi credenti per ben sette anni, non nascondendosi, ma dicendo apertamente che si trattava di un film! Ho chiesto al regista Seidl se in un’Austria moderna c’era spazio per questi movimenti e in Italia no, e lui mi ha risposto prontamente: “Certo che ci sono in Italia, faccia un po’ di ricerche!!! “ Mi fido, signor Seidl, mi fido.

Altre star internazionali sono state Winona Ryder, Ray Liotta e Michael Shannon, tutti protagonisti del film “ The Iceman”, un film sulla vita scellerata dell’assassino Richard Kuklinski (il suo primo omicidio a tredici anni!), che dal 1948 al 1986 ha ammazzato più di 250 persone, e che nella vita era un padre esemplare e un marito dolce e fedele! La storia è vera e atroce; il cinema serve anche a questo. Confesso di non aver mai sentito parlare di questo personaggio e della sua incredibile doppia vita. Il regista è Ariel Vromen, israeliano ma ormai naturalizzato americano.

Le ragazzine sono impazzite per il giovane ma già collaudato divo Zac Efron, con Dennis Quaid nella parte di suo padre nel film “At Any Price” del regista Ramin Bahrani. Efron recita in un ruolo di teenager ribelle, ma con temi più profondi, come il rapporto generazionale tra padre e figlio, nel quale Efron dà prova di maturità artistica.

Un film per addetti al lavoro è il “documentario” “The Tightrope” di Simon Brook, figlio del novantenne ma attivissimo Peter Brook, autore e attore di piece teatrali e molto famoso in Inghilterra e nel mondo; un film di nicchia, interessante ma che dubito possa far presa su un vasto pubblico.

Il regista Kirill Serebrennikov, enfant terrible del cinema russo, presenta un film sul tradimento: i rispettivi coniugi sono amanti, e a loro volta diventano amanti essi stessi; una storia torbida, “Betrayal”, piena di contraddizioni, come è spesso la vita di coppia!

Anche nel film di Ivano De Matteo “Gli Equilibristi” con il bravo Valerio Mastrandrea e l’attrice Barbora Bobulova, si parla di tradimento da parte di lui e di una lei non disposta a perdonare. Rivolgo a Mastrandrea una domanda provocatoria: “ Signor Mastrandrea, si dice che il tradimento faccia bene alla coppia lei cosa ne pensa?

L’attore reagisce magnificamente: “Metto subito in chiaro che io non tradisco e non mi piace questo mezzo per risolvere i problemi, e in ogni caso il tradimento arriva sempre dopo una serie di difficoltà della coppia; ma, ripeto, tradire non è la soluzione.

A Venezia è presente un mondo che meraviglia, con film da tutte le parti del pianeta; è come se il mondo venisse a casa tua. I temi sono spesso globali, comuni a noi esseri umani a qualsiasi latitudine, come il delicato ma amaro film filippino che racconta di una levatrice che non può avere figli e permette a suo marito di fare l’amore con un’altra donna, e accetta questo figlio come suo… Un tema globale, appunto, ma che qui si alleggerisce con panorami mozzafiato e la scoperta del popolo Bajau, i nomadi dell’acqua, un popolo di pescatori dalle tradizioni millenarie, che vive nasce e muore in povere ma capaci barche. Il film è Sinapupunan (Thy Womb), il regista Brillante Mendoza e l’attrice è una icona del cinema filippino: Nora Aunor. Chiedo al produttore Larry Castillo cosa l’ha colpito nello script. A sorpresa lui risponde: “Non esiste uno script, ma ho riposto tutta la mia fiducia nel regista Mendoza che ha deciso di portare il mondo filippino alle grandi platee.” Un bel gesto per un bel film.

Lo spazio è poco per raccontare emozioni e dieci giorni di festival con tantissimi altri film, in e fuori concorso, e altre sezioni come la Sezione Orizzonti e Giovani Autori. La crisi, per esempio, si nota nella mancanza di pubblico anche ai Red Carpet, all’assenza di grandi star che ci sono ma, tutto sommato, non attraggono un pubblico sempre più esigente.

Il cinema italiano si ripete nei temi e spesso è accusato di essere troppo provinciale; io lo ritengo spesso privo di ritmo, con sceneggiature lente e pesanti, ottimi spunti creativi, certo, ma di una pesantezza che porta alla noia.

Un film con molti dibattiti è stato “La Bella addormentata”, il film di Marco Bellocchio, storia molto vicina alla vicenda di Luana Englaro, una ragazza tenuta in vita artificialmente dalle macchine per ben trenta anni e di cui il padre ha decretato una fine pietosa, con il distacco delle macchine e la morte della propria figlia. Dopo, appunto, un lasso di tempo trentennale e con un recupero impossibile, questo è un tema che divide tutt’oggi i favorevoli e contrari alla “ dolce morte”, all’eutanasia!

Daniele Ciprì, regista di culto siciliano, porta in scena una commedia amara molto italiana con un grande Tony Servillo, “È stato il figlio”, distribuita dalla Fandango, altra casa di distribuzione molto attenta al cinema italiano e ai suoi fautori. La trama è un tragico spaccato della nostra italianità: muore la figlia di una povera famiglia che non se la passa molto bene, ammazzata per caso dalla mafia; l’avvocato fa balenare l’ipotesi di un ricco indennizzo da parte dello stato … la famiglia cambia, inizia una funambolica gestione del denaro, soldi spesi male in inezie piccole e grandi, una frenesia in cui ogni valore viene calpestato.

Un grande incontro è stato con Brian De Palma. Il suo film “Passion“ non ha avuto il successo sperato a Venezia; vedremo al botteghino. Il regista italo-americano presente con un film dopo circa sette anni lontano dal set. Gli chiedo che cosa ha fatto in questi sette anni lontano dal set, ma che non voglio i particolari.

De Palma ride e risponde sibillino: “ Ho fatto fare film.”

Il film vincitore è il film che ho visto e che al primo momento ho odiato; un film violento, cattivo, uno spaccato di vita nella Corea “moderna”, dove sembra sia solo il denaro a essere l’ultimo valore. In questo contesto, invece, s’incuneano sentimenti come la solitudine e la pietà… Il film è “Pieta“ (senza accento) del regista coreano Kim Ki Duck, con attori bravissimi, come il protagonista maschile Lee Jung- Jin e l’attrice Choo Min Soo che ha vinto il Leone d’oro e che ha salutato il premio nella serata ufficiale con una cantilena coreana. Il regista ha usato il Kyrie Eleison (Signore Pietà), tipica della liturgia cristiana, come colonna sonora.

Il Festival del Cinema di Venezia sono sicura risorgerà, la gestione Baratta, anche se è presto per dirlo, è basata su una concretezza che non guasta: molto spazio al “Film Market” al terzo piano dell’Hotel Excelsior vicino alla meravigliosa Sala degli Stucchi, meno bancarelle fuori, che facevano troppo sagra di paese e un ritorno, già annunciato dall’ex direttore Mueller, agli antichi fasti.

Il nuovo direttore sta mettendo in atto questo concept di spazi eleganti, con sgombero di divani nella Hall dell’Hotel Excelsior, dove bivaccano elementi tipo i cercatori di autografi o presenzialisti stupidi (sono stata testimone di insulti feroci alla nostra cara Gina Lollobrigida); insomma chi ama davvero il cinema può certo vedere il suo divo preferito, ma il lavoro è un’altra cosa.

Un buon inizio Dottor Baratta e si sa che sotto l’acqua cheta…!

 

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