Parigi, 2 giugno 2015 – Dramma lirico in tre atti e sei quadri, Le Roi Arthus di Ernest Chausson (su libretto dell’autore stesso), composto tra il 1888 e il 1894, fu rappresentato solo dopo quatto anni dalla morte del compositore, nel 1903 a Bruxelles, e ripreso successivamente soltanto altre tre volte fino ai nostri giorni. La scelta di inserire l’opera nel cartellone dell’Opéra National de Paris Bastille nel corso della Stagione 2014-2015, quindi, è certamente una scelta ponderata e indovinata, che riporta l’unica opera composta da Chausson sulle scene francesi, dove era comparsa solo nel 1916.
Le Roi Arthus risente degli echi wagneriani del Tristan und Isolde e del Parsifal, ma anche dei cori marinareschi del Der fliegende Holländer, con un orecchio ben teso, però alla musica di Berlioz, dalla quale Chausson trae i suoi spunti più originali. Una sorta di risultante post-wagneriana, con influssi anche simbolisti, che vennero espressi pure nella messa in scena della prima rappresentazione. Ciò non toglie che si possano anche percepire vibrazioni che facciano risalire a Gounod o emozioni che richiamino altri illustri autori francesi. Si tratta quindi di un’opera musicalmente monumentale, assolutamente fuori dagli schemi, che non è, come può apparire a prima vista, tutto un clangore di ottoni e rimbombare di percussioni, ma è ricca di declinazioni e nouances variegate ed è difficile da eseguire e da seguire nella sua interezza.
La nuova messa in scena parigina è affidata a Graham Vick, che si avvale della scenografia e dei costumi di Paul Brown e delle luci di Adam Silverman, che ne ha fatto un miscuglio tra l’ambientazione di una tardiva gioventù bruciata con quella di una comunità Hippy anni ’70, ma è riuscito a non snaturare i sentimenti dell’idealismo che permeano la saga arturiana, pur presentando l’odierna produzione un impatto degli spettatori con tutto l’insieme che possa definirsi decisamente “robusto”.
Ma è soprattutto il canto che si dimostra di estrema difficoltà e sottopone l’intero cast ad una prova assolutamente fuori dall’ordinario.
Sul palcoscenico un trio prestigioso: l’imponente Thomas Hampson, Arthus, la volitiva Sophie Koch, Genièvre, e il vitale Roberto Alagna, Lancelot, danno il meglio di sé e dimostrano una “tenuta” vocale assolutamente invidiabile. Le aspre difficoltà di una partitura scabra e vertiginosa vengono affrontate dai tre protagonisti, insieme a Alexandre Duhamel, Mordred, ed a Peter Sidhom, Merlin, nonché a tutti gli altri interpreti ed al Coro, diretto da José Luis Basso, con una potenza ammirevole ed una fusione che si potrebbe definire “miracolosa”, date le condizioni a cui la partitura li sottopone. Una menzione speciale al giovane Lyonnel di Stanislas de Barbeyrac.
Altissimo il gradimento del pubblico, soprattutto per i cantanti, che ha reso a tutti gli interpreti applausi sentiti e interminabili ed ha decretato il grande successo di questa produzione 2015 dell’Opéra National de Paris Bastille.
FOTO (c) Andrea Messana Opéra National de Paris, Pagina Facebook Roberto Alagna, AA.VV.