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A Firenze L’Italiana in Algeri di Rossini: opera buffa ma senza voci

Di Salvatore Margarone e Federico Scatamburlo

“L’opera è femmina”, si dice, ma in questa serata del 15 marzo 2016, nella quale è andato in scena al Maggio Musicale Fiorentino il capolavoro rossiniano “L’Italiana in Algeri”, la femmina non ha dimostrato le grandi qualità che ci si poteva aspettare.
Purtroppo, la voce della protagonista Isabella, il mezzosoprano di origini palermitane Marianna Pizzolato, non arriva in sala in più di un’occasione, mentre ben definite sono giunte le sue incertezze nell’intonazione e nelle grandi agilità di cui l’opera è densa.

Photo©-Simone Donati/ TerraProject

Poco credibile anche la sua interpretazione, piatta, poco ammaliante, poco brillante; proprio in quest’opera dove “la femmina” è padrona della scena, non si è dimostrata “l’Italiana” tanto decantata.
Né lusinghieri si può essere dello schiavo Lindoro, i cui coloratissimi panni sono stati indossati da Boyd Owen, australiano, troppo insicuro nella gestione della voce, che  potrebbe essere anche interessante, ma solo se supportata da un buon appoggio di fiato, totalmente mancante in questo caso in ogni parte dell’opera: già alla fine del primo atto si percepiva una certa stanchezza vocale, tanto che i picchettati risultavano tutti non appoggiati e a tratti anche poco intonati. Forse perchè più impegnato con improbabili e mal riusciti castelli di sabbia, l’esecuzione della cavatina del secondo atto è stata pessima e disapprovata anche dal pubblico in sala. Prevedibili e giustificate quindi le rimostranze da parte di questo alla fine della rappresentazione.

Photo©-Simone Donati/ TerraProject

Bello e scenografico l’insieme del finale del primo atto, ma soprattutto per merito delle altre due donne presenti sulla scena, la schiava confidente Zulma (Lamia Beuque, mezzosoprano francese), e la moglie del Bey di Algeri, Elvira (Damiana Mizzi, pugliese), uniche voci che, in verità, si udivano agevolmente in sala.
Buona invece l’interpretazione dell’emiliano Omar Montanari, nella finzione compagno di Isabella. Questi, molto bravo, dotato di una bella voce, calda e profonda, con giusta interpretazione per il ruolo,  ha cantato sia con morbidezza che con piglio deciso durante l’intera opera, aiutato moltissimo da una dizione perfetta. Bella la presenza scenic.
Per quanto concerne gli altri due protagonisti maschili, Haly (Sergio Vitale) capitano dei corsari algerini, e Mustafà (Pietro Spagnoli), ingenuo Bey d’Algeri, interpretazioni senza lode e senza infamia.

Photo©-Simone Donati/ TerraProject

Joan Guillén ha curato le scenografie moderne e minimaliste ma non troppo: se inizialmente hanno lasciato un po’ perplesse certe scelte (come quella di svolgere il racconto quasi interamente in una spiaggia con tanto di sabbia vera), nel prosieguo tutto sommato queste si sono rilevate vincenti. Divertenti i coloratissimi costumi, anche se si è percepita una certa difficoltà nei movimenti per tutti quelli che indossavano degli enormi copricapi simili a cipolle. Originale la coreografia di Xevi Dorca, e la regia di Joan Font. Il tutto ha dunque conferito alla scena un aspetto buffo e spiritoso com’é l’opera stessa.

Photo©-Simone Donati/ TerraProject

Bravo il coro del Maggio Musicale Fiorentino, preciso, incisivo e intonato, che ha dato il giusto contributo alle scene corali. Degna di lode anche l’Orchestra diretta da Bruno Campanella, che, tralasciando qualche imperfezione dei violini verso il finale, ha eseguito con precisione e ritmo deciso la partitura.
Di sicuro un buono spettacolo anche se non un “gran spettacolo”. Chissà se Stendhal anche stasera avrebbe detto che quest’opera è “la perfezione del genere buffo”…. sicuramente ne ben siamo lontani.

Photo©-Simone Donati/ TerraProject
Photo©-Simone Donati/ TerraProject
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