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Il vulcano di fango delle Macalube registrato dalla Rete Sismica Nazionale.

L’esplosione che questa mattina, poco prima di mezzogiorno, ha accompagnato la fuoriuscita di fango con conseguenze tragiche, è stata rilevata probabilmente dalla stazione sismica denominataFAVR. Questa stazione, appartenente alla Rete Sismica Nazionale (RSN) dell’INGV, è posta in località Villaggio Mosè, nel Comune di Favara (AG), a circa 10 km dalla Riserva Naturale di Macalube di Aragona. Il nome Macalube (o secondo alcune versioni Maccalube) deriva dall’arabo Maqlùb che significa letteralmente “ribaltamento”, proprio per le sue caratteristiche geologiche di continua attività.

Sismogramma della stazione FAVR dell’INGV, tra le 11:47 e le 11:58 (le 9:47 e le 9:58 secondo l’orario UTC riportato nella figura). È visualizzata la componente verticale del movimento del terreno.

Un fenomeno simile si era verificato anche nell’agosto 2008 nei pressi dell’abitato di Santa Barbara, nel comune di Caltanissetta ed era stato analizzato dai ricercatori dell’INGV della Sezione di Palermo.

Nella figura sopra si vede il segnale dello stesso sismometro FAVR nelle ultime 24 ore. Si nota, intorno alle ore 23:38 UTC del 26 settembre, il segnale di un terremoto di M4.1 avvenuto al largo della Sicilia orientale, la cui localizzazione è riportata nella figura sotto (la stella verde in mare).

Mappa epicentrale del terremoto di M4.1 avvenuto alle ore 23:38 UTC al largo della Sicilia orientale (fonte:iside.rm.ingv.it) il cui segnale è visibile nel sismogramma della figura precedente.

Un fenomeno analogo a quello delle Maccalube si verificò anche al largo delle coste del Pakistan dopo un forte terremoto. In quel caso il vulcano di fango si generò in mare e fu così grande da generare un’isola. Anche in quel caso il fenomeno non era legato all’evento sismico (il cui epicentro era molto distante dall’isola neo-formata), ma molto probabilmente ad una fuoriuscita improvvisa di gas dal fondo marino.

Come per il caso del Pakistan, e di molti altri noti nella letteratura geologica, anche quello di Macalube non ha niente a che vedere con l’attività vulcanica.

Segue una breve nota del direttore della sezione dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Palermo, Rocco Favara, sul Vulcanismo sedimentario (Mud Volcanoes):
“Il vulcanismo sedimentario è un fenomeno geologico tipico dei bacini sedimentari, caratterizzati da tettonica compressiva che ha nei Mud Volcanoes le tipiche espressioni di superficie. I Mud Volcanoes sono strutture geologiche che si formano come risultato di emissioni intermittenti di gas, acqua e sedimenti.
Misure dei flussi indicano queste manifestazioni come le maggiori e più attive emissioni naturali di CH4 sul territorio nazionale. Inoltre, la geochimica dei fluidi rilasciati dai mud volcanoes siciliani ne ha evidenziato alcune caratteristiche uniche. In Sicilia centro-occidentale, soprattutto a Caltanissetta ed Aragona, è stato riconosciuto un degassamento di fluidi mantellici (He), sebbene nessun sistema vulcanico sia presente nelle vicinanze. Questi risultati implicano che le principali discontinuità tettoniche che regolano il trasferimento dei fluidi sono a carattere litosferico. Negli ultimi anni si sono verificate alcune intense e improvvise attività esplosive, con emissione di cospicui volumi di fango. L’attività di ricerca svolta ha evidenziato inoltre anche una stretta relazione tra attività esplosiva e attività sismica a scala locale. In quest’ottica, uno studio multidisciplinare (geologico-strutturale, geochimico, sismologico) sulle dinamiche di funzionamento di questi apparati, sarebbe importante per definire le possibili relazioni tra processi sismogenetici locali e lo stato di attività dei mud volcanoes al fine di valutare l’hazard relativo a eventi parossistici futuri. Le maccalube di Aragona sono alimentate da emissioni gassose a metano prevalente con concentrazioni di anidride carbonica intorno al 2% e di elio intorno a 200 ppm”.

Sono attualmente sul posto 2 ricercatori dell’Ingv per misurare i flussi di gas.

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