Franz Schubert: il “Biedermeier” della musica a cavallo tra due secoli.
Salvatore Margarone
Articolo di Salvatore Margarone
Viennese, ha una breve vita, come tanti compositori romantici: nasce nel 1797 e muore a soli trentun anni, nel 1828. Figlio di un maestro elementare, professione a quel tempo di notevole rilievo, compì i suoi studi musicali nel più prestigioso collegio viennese, sotto la guida di Antonio Salieri. La sua vita, la sua attività di compositore, la sua posizione sociale presentano i contrasti tipici del periodo romantico: dopo aver intrapreso la professione paterna la abbandona per la ricerca di una vita libera e tutta dedita alla musica; solo occasionalmente ottiene degli incarichi che gli garantiscono la sopravvivenza (è maestro di pianoforte delle giovani figlie del conte Esterhazy, e per esse scrive delle splendide pagine pianistiche a quattro mani); molto più spesso vive ospite di amici attori, poeti, artisti per i quali compone delle musiche intime, delicate, a volte leggere, che animano le famose “schubertiadi” (serate dedicate a Schubert) e sposano le caratteristiche stilistiche del Biedermeier. Questa leggerezza, questo apparente disimpegno sono però intimamente connessi con l’amara consapevolezza di non appartenere al mondo, di non poter desiderare la felicità, perché “in questo mondo miserabile che dovremo farcene noi della felicità, quando l’infelicità è l’unica sferza che ci rimane?”, citando le sue stesse parole.
In relazione al mondo e alla vita, Schubert non può definirsi un vinto come Mozart, che fu deluso nelle sue aspirazioni al successo e alla libera professione, né un vincitore, nonostante tutte le avversità, come Beethoven. La definizione che maggiormente lo inquadra è quella del “viandante”: Schubert vide tutto il male e il dolore della vita, si sentì inadeguato a viverla con quella libertà individuale che desiderò fortemente, concepì un pessimismo esistenziale che non trovò una collocazione come in Leopardi o in Schopenhauer, entrambi suoi contemporanei.
La sua musica esprime tutto ciò, spesso in modo lieve, caratterizzato da una grande ricchezza e melodiosità di temi racchiusi in piccole forme: serenate, improvvisi, fantasie, composizioni pianistiche brevi e prive di quella grande elaborazione che caratterizza i compositori romantici. A torto, però, per lungo tempo egli è stato considerato un compositore eccelso solo nelle piccole forme musicali, ridotto a primeggiare in una dimensione intima e salottiera: se è vero che la dimensione intima fu privilegiata dalla sua sensibilità, che tese ad esprimere per gli amici e non per tutti gli uomini, è altrettanto vero che la sua solida formazione classica, rivisitata in chiave romantica, gli consentì di dare un importantissimo e originale contributo alla storia della sinfonia.
La forma sonata non vide più la contrapposizione fra due soli temi, ma iniziò, proprio con Schubert, la compresenza di tre o più temi, il dualismo fra tonica e dominante divenne sempre più spesso un dualismo fra tonica e modale, assumendo i contorni più sfumati dell’oscillazione fra modo maggiore e modo minore e creando un particolare coinvolgimento emotivo, meno forte e più melanconico, nell’ascoltatore. Tutto questo avvenne in una fase compositiva quasi mai allietata dal successo di una pubblica esecuzione: è interessante sapere che, fra le sue sinfonie, la n. 8 in Si min., detta “Incompiuta”, celeberrima, fu eseguita per la prima volta quarant’anni dopo la morte dell’autore, e la n. 9, detta “La Grande”, fu trovata, dopo la sua morte, fra le sue carte da Schumann.
Un discorso a parte meritano gli oltre seicento Lieder per voce e pianoforte, che mettono in musica liriche dei massimi poeti tedeschi, da Schiller e Goethe, Novalis, Heine, ma anche di minori, quali Schobart , autore del celebre Die Forelle (La trota), e Müller, autore del ciclo Die Schöne Müllerin (La bella mugnaia). Il Lied, dopo una storia che ha le sue origini in forma monodica nel Medioevo e divenne poi, nel Quattrocento, una forma polifonica, presenta già nell’epoca classica delle forme sia corali che solistiche con Mozart e Beethoven, ma solo con Schubert acquisisce una vitalità e una fisionomia che lo rende un genere romantico per eccellenza; dopo Schubert comporranno per questo genere soprattutto Schumann, Mendelssohn, Brahms, Wolf, Mahler, Richard Strauss, Schönberg, sia in forma solistica che in forma corale.
Tra le forme utilizzate troviamo quella strofica (la melodia si ripete con parole diverse), quella giustapposta, (diverse sezioni melodiche si susseguono), la forma Durchcomponiert, o ininterrotta, tutta originale; alcuni sono brevissimi, altri complessi, altri lievi pagine liriche (Heidenröslein, La Rosellina della landa), altri ancora hanno grande intensità drammatica (si pensi a Erlkönig, Il re degli ontani, scritto a 17 anni, su versi di Goethe). Da ricordare, fra i cicli: Die Schöne Müllerin (La bella mugnaia), Winterreise (Viaggio d’inverno), Schwanengesang (Il canto del cigno, denominato così dopo la morte dell’autore).
Infine, l’ascoltatore con un orecchio più accorto può riconoscere, in alcune splendide composizioni cameristiche, melodie che richiamano alcuni celebri Lieder che Schubert ha sapientemente utilizzato come tema melodico per nuove partiture: è il caso del quintetto Die Forelle, per quartetto d’archi e pianoforte, e del Der Tod und das Mädchen (La morte e la fanciulla), che costituisce il tema del secondo movimento dell’omonimo quartetto per archi in Re minore.
Il compositore non si dedicò esclusivamente alla produzione liederistica, ma scrisse anche molta musica da camera: trii, quartetti e quintetti, sonate per pianoforte, sonate per violino e pianoforte; e ancora messe, magnificat ed opere liriche (tra le quali si ricordano: Gli amici di Salamanca, Claudine von Villa Bella, I gemelli, Alfonso ed Estrella, I Congiurati, Fierrabras e Rosamunde).
Considerata la sua breve vita terrena, Schubert fu pertanto notevolmente prolifico, e tutt’oggi è considerato autore di riferimento nel passaggio tra due secoli importanti della storia della musica, il Classicismo e il Romanticismo, fecondissime epoche che hanno prodotto diamanti ancora lucenti e sfavillanti nel panorama musicale odierno, nel quale Schubert continua a brillare di luce propria.