Friday, April 19, 2024

“Tosca alla Royal Opera House: Roberto Alagna trionfa a Londra”

 

1613889_739115932795663_7412709672323212069_n     Lo splendore della musica di Tosca di Giacomo Puccini diventa abbagliante se tutta la gran macchina teatrale si mette in movimento all’unisono. È accaduto alla Royal Opera House di Londra il 10 maggio 2014, dove è andata in scena la produzione ormai collaudata di Jonathan Kent con il proprio raffinato meccanismo, studiato e messo a punto dal regista australiano appositamente nel solco dello snodarsi del pathos della musica pucciniana, e nell’altrettanto raffinato scenario ideato, in collaborazione con il regista, dallo scenografo e costumista  Paul Brown. Le produzioni sontuose del teatro londinese sono ben note agli appassionati e quella di cui si tratta non poteva deludere le aspettative di chi ancora non la conoscesse. 1613896_739120432795213_2412437339906983710_nAlla guida della sempre splendida orchestra della ROH il Maestro svizzero Oleg Caetani, il quale ha condotto la rappresentazione con un polso di una certa “leggerezza”, se lo si voglia accostare ad altri polsi “robusti” a cui l’Opera pucciniana ci ha, spesso a giusto titolo, abituati e che quindi, sia pure rendendo particolarmente pregevoli alcuni passaggi, ha a volte ecceduto in speditezza; il che non ha giovato allo snodarsi dell’azione, accelerandola a volte, a discapito delle finezze espressive affidate agli interpreti, tutte da assaporare, per esempio, nel duetto del primo atto. A questo proposito, il “Mario, Mario, Mario” sempre tanto atteso, ha visto comparire in scena una Tosca giovane e di bella presenza, Oksana Dyka, soprano di origine ucraina, che ha portato alle attempate Florie di solito ancora oggi viste sulla scena una ventata di freschezza soprattutto sonora, poiché dotata di una gran voce, capace di dispegarsi senza timore nei passaggi più ardui, sia pure risentendo, particolarmente in “Vissi d’Arte”, di una discontinuità riscontrabile soprattutto nel legato, che certamente verrà appianata con successo nel tempo e nel solidificarsi dell’esperienza.

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10320541_739117572795499_8319623844646219489_n      L’avvenente diva Tosca ha trovato ad attenderla sulle impalcature in S. Andrea della Valle le braccia del suo Mario Cavaradossi in quelle robuste ed esperienti del grande Roberto Alagna, in uno dei suoi ruoli prediletti e che, in particolare negli ultimi anni,  sta consentendo alla sua splendida vocalità di assumere quei toni di robustezza matura che supportano pienamente le necessità di un ruolo destinato a brunite sonorità. La sua voce è sempre intensa, sicura, morbida nella copertura dei suoni, potente nell’emissione, perfetta nel fraseggio. Imperdibili le sue prodezze tenorili, in “Recondita armonia”, come nel colloquio con Angelotti, il basso-baritono brasiliano Michel de Souza, e ancor più nel suo “Vittoria Vittoria”, rivolto a Tosca, giusto a lei in un abbraccio quasi rabbioso e non a Scarpia, come perfino nel suo inatteso e sorprendente DO acuto fuori scena all’ultimo gemito della tortura al secondo atto, tutto da ascoltare anche quello. 10271465_739118842795372_3716738865565503535_nIndiscusso protagonista della serata, capace di recitare cantando e di cantare recitando, il celebre artista italo-francese ha reso una grande performance anche dal punto di vista interpretativo. Non si riesce a distinguere dove finisca l’azione del cantante e cominci quella dell’attore. Nei panni di Cavaradossi si è dimostrato come sempre straordinariamente convincente ed espressivo, non gli è sfuggito sul viso e negli occhi il significato di una parola, come nelle corde vocali la sfumatura di una nota: guardarlo ed ascoltarlo insieme è sembrato diventare indispensabile.

 

13957792698_4da0ae96fd_zAffidato al baritono italiano Marco Vratogna, che ha preso il posto dell’indisposto Thomas Hampson in tutte le recite, il ruolo sempre fascinosamente viscido e “cattivo” del barone Vitellio Scarpia, reso dal giovane cantante con la veemenza tipica del personaggio e con una voce dall’asprezza timbrica tutta personale, ancora da mettere a fuoco nel sostegno e nell’emissione, in un futuro ricco di ruoli a lui certamente congeniali. Gradevoli e ben caratterizzati gli altri personaggi, tra i quali spiccava il sagrestano di  Jeremy White, ben coordinata la scena d’insieme del Te Deum con il Royal Opera Chorus.

13957793028_78f0b5718a_z     Sotto l’ala simbolica dell’Angelo della Fortezza romana, illuminata dalle luci assai suggestive di Mark Henderson, si è così compiuto in una serata londinese di metà maggio, per l’ennesima volta sulla scena, il destino che Victorien Sardou prima e Giacomo Puccini poi assegnarono ai protagonisti di una tragedia fosca, ma dal fascino intramontabile, che ha finito anche in questa occasione, alla chiusura del sipario, per colmare di applausi i protagonisti da parte di un pubblico soddisfatto e sinceramente emozionato. (Foto gentilmente concesse da Catherine Hashmore, ROH.)

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