Saturday, April 20, 2024

IL NOBEL A JOSEPH TUSIANI. Recensione del libro In una casa un’altra casa trovo. Autobiografia di un poeta di due terre.

Recensione di Vincenzo D’Acquaviva
librotusianiLeggere l’autobiografia di Joseph Tusiani (In una casa un’altra casa trovo. Autobiografia di un poeta di due terre. Bompiani, 2016, pagg. 446), è stato come ripercorrere, in qualche misura, la stessa esperienza che il sottoscritto ha vissuto negli anni Settanta del secolo scorso, quale emigrante negli Stati Uniti.
Tusiani lascia il paese natio, San Marco in Lamis, e arriva in America nel 1947, all’età di 23 anni, con una laurea in lettere (un titolo che, all’epoca, per un emigrante, doveva essere considerato stratosferico). Va ad abitare nel Bronx, vicino alla mitica Arthur Avenue, dove gli abitanti del quartiere, in massima parte emigranti italiani, parlano il dialetto del proprio paese.
Dopo alcuni mesi, grazie a una lettera di presentazione da parte del suo maestro dell’Università napoletana, Cesare Foligno, per Padre Walsh, della Fordham University, riesce a inserirsi nel mondo universitario della metropoli nuovaiorchese, assunto dal College of Mount Saint Vincent, rione Riverdale del Bronx, iniziando l’insegnamento con un corso accademico su Dante.
Il sommo poeta rappresenterà, per Tusiani, il lasciapassare del successo. In seguito, la sua carriera è stata quella di rigoroso e autorevole docente di letteratura presso il Lehman College, della City University of NewYork.
L’autore di queste righe, invece, parte anch’egli dalla Puglia, Mola di Bari, a venticinque anni con un diploma di scuola media inferiore, e va ad abitare vicino alla mitica 18.ma Avenue di Brooklyn, ribattezzata, alla fine degli anni Ottanta, Cristoforo Colombo Boulevard. Dopo alcuni mesi ha già cambiato tre diverse jobs (lavapiatti, bus boy, lavamacchine, per approdare a cameriere).
progressoArriva, poi, l’assunzione al quotidiano “Il Progresso Italo Americano”, dove rimane per oltre quattro anni, quando, sul finire del 1979, la proprietà del giornale trasferisce tutta l’attività nel New Jersey, e il sottoscritto decide di ritornare definitivamente in Italia. Esiste, tuttavia, qualcosa che accomuna sia chi scrive che Tusiani; ed è la forte nostalgia per il paese lontano e la regione di appartenenza: la Puglia. La nostalgia è un sentimento che ciascun emigrante si porta dentro come un macigno e che li rende simili a qualsiasi latitudine appartegano.
Tusiani può fare affidamento su amicizie altolocate nella realtà che conta. Frances Winwar (Francesca Vinciguerra), scrittrice di romanzi di successo che lo sollecita a imparare l’inglese e a esprimere le sue liriche in questa lingua; Onorio Ruotolo (impegnato nel mondo della poesia) che lo inserisce in questo significativo settore della grande mela; Arturo Giovannitti, un sindacalista molto conosciuto per le sue lotte a favore dei lavoratori; quindi, Nicola Giusto, Italo Stanco, Antonio Calitri, Oscar Mazzitelli, Pietro Greco, Maria Sovero e Frank Viola, inseriti nei gangli vitali della cultura italiana dell’area metropolitana.
Durante il soggiorno americano Tusiani scopre una realtà sconvolgente che riguarda i suoi connazionali: «…Venni a conoscenza di anni truci e cupi in cui gli emigranti italiani, povera gente venuta dal mio meridione per un tozzo di pane sicuro, scontratisi con le forze del pregiudizio e dell’interesse, finirono col diventare le vittime dell’odio più satanico che l’America potesse escogitare. Mi caddero sotto gli occhi pagine di giornali in cui gh’italiani erano considerati inferiori ai cinesi, a loro volta ritenuti meno che esseri umani; e lessi con raccapriccio dei non pochi linciaggi nei vari stati di questa America predicatrice di libertà: in Pennsylvania, nel Missouri, in Louisiana, nel Colorado, nel Mississippi, nella Carolina del Nord, nell’Illinois e in Florida».

Joseph Tusiani con la direttrice della rivista Bridge Puglia USA, Flavia Pankiewitz
Joseph Tusiani con la direttrice della rivista Bridge Puglia USA, Flavia Pankiewitz

Le pagine più dense di umanità, che più di tutte mi hanno coinvolto, sono state quelle riferite alla vita del quartiere del Bronx, dove si parla il dialetto e si vive come in perenne trasferta dal paese natale. La figura della mamma di Giuseppe, Maria, che, pur di trasmettere al figlio Michael, nato in America, i valori della tradizione paesana, decide di imparare l’inglese e presenta, il primo giorno di lezione, alla maestra, un foglietto con una serie di domande che intende porre alle ragazzine che telefonano per chiedere del suo Maichino, mostrano il senso del suo modo di vedere la realtà circostante: «1. Signorina, chi sei e che vuoi da Maichino? 2. Che cognome è questo, airesce o giuda? 3. I tuoi genitori sono gente timorata di Dio o sono divorziati? 4. Mi fa piacere che sei italiana; ma sei della provincia di Foggia oppure calabrese o siciliana? 5. Vai a messa la domenica o ti piace guardare il futtebolle? 6. Sai cucire e cucinare come ogni brava ragazza delle nostre parti? 7. Se sei la prima figlia, tuo padre ti ha dato il nome della mamma o, per far piacere alla moglie, quello della suocera? 8. Signor Preside, mio figlio Maichino Tusiani io l’ho mandato a un liceo cattolico; ma un brutto pensiero mi dice che non va a messa tutte le domeniche: come si spiega questo? Se è così, era meglio mandarlo a una scuola pubblica, dove si risparmia molto? 9. Signor Preside, come va mio figlio? L’ultima pagella io non l’ho vista ma Giose (Joseph, ndr) mi ha detto che l’ha vista lui e tutto va bene (…)».
Quanto sopra evidenzia plasticamente una netta diversità di vedute tra chi è portatore di una cultura ‘chiusa’, radicata nella tradizione paesana, e chi si deve confrontare, integrare e vivere in un sistema ‘aperto’ di nuovi valori, tipici della grande metropoli statunitense.
dantetusianiNon è un caso che Cosma Siani, nella postfazione al volume, sottolinea tale diversità: «A specchio di questo, il relazionarsi con la madre, che impersona gli emigrati di prima generazione, mai integrati al nuovo ambiente, eppure esercita sul figlio una indiscussa autorità psicologica. Ancora, il rapporto conflittuale col fratello nato in America, che rappresenta invece i cosiddetti immigrati di seconda generazione, gli Americans of Italian descent, nati da genitori italiani ma cresciuti nella lingua e nella cultura americana».
Un’altra pagina significativa è quella che si riferisce al dialogo tra Michael e Joseph Tusiani, a proposito di una frase che il professore d’italiano del primo, pronuncia con riguardo ai Pugliesi ritenuti, a suo dire, dei barbari. Frase presente nel De vulgari eloquentia di Dante Alighieri. Ecco le tre parole incriminanti: “Apuli turpiter barbarizant”, pugliesi barbari turpi. Joseph fa notare al fratello che «Dante, nel suo libello sui dialetti italiani aveva condannato la lingua apula con quelle tre parole crudeli. E per provare il suo punto di vista, aveva citato la frase che sosteneva infame e infamante: “Volzera che chiangesse lo quatraro”». Tusiani soggiunge, che «Dante non aveva mai messo piede nella nostra terra piana, non sapeva molto dei nostri parlari. (…) La parola ‘quatraro’ (per fanciullo) lo disturbò immensamente per il fatto che, per quanto egli si sforzasse, in nessun modo gli riusciva di capire come mai dal numerale cardinale latino ‘quattuor’ gli Apuli potessero arrivare al concetto di adolescente. Il termine – così egli pensò – era assolutamente barbarico in quanto non affatto illustre e cardinale, e perciò del tutto irriconoscibile come parola latina o, sevogliamo, romanza. Ma se qualcuno avesse detto al nostro Dante che proprio quel termine ch’egli condannava, cioè quatraro, significa “il primo quarto della vita”, egli sarebbe stato il primo ad apprezzarne e lodarne la poesia e la bellezza. Non era stato lui a dire nel Convivio: “Dico che la umana vita si parte per quattro etati. La prima si chiama Adolescenzia, cioè ‘accrescimento di vita’”? Ma, sfortunatamente, egli non vide il legame tra ‘quatraro’ e il primo ‘quarto’ della umana vita, e da questa sua svista nacque il primo pregiudizio contro la nostra Puglia».
cover_tusianiA distanza di alcuni decenni il sottoscritto, dopo il ritorno definitivo, ha avuto occasione di laurearsi e scrivere alcuni libri rimasti nel limbo. Nulla a confronto dei risultati raggiunti da Joseph Tusiani che vive a New York – il centro del mondo – scrive in latino, in inglese, in italiano, nel suo bellissimo dialetto (Garganico), è il “poeta ufficiale ” dello Stato di New York (New York State Poet Laureate Emeritus) e, a novantadue anni, ha appena pubblicato due libri (gli ultimi di una serie copiosa di produzione in poesia e in prosa). È sufficiente, a questo proposito, leggere quanto trascritto da Cosma Siani circa le sue traduzioni: tutte le Rime di Michelangelo; la Gerusalemme Liberata del Tasso; il Ninfale fiesolano del Boccaccio; gli Inni sacri del Manzoni; i Canti del Leopardi; tutte le Rime di Dante; L’Autunno di Lalla Romano; Finisterre di Montale; e per la prima volta resi in inglese, tutti i versi del Machiavelli; L’America libera dell’Alfieri; Le Grazie del Foscolo; Il mondo creato del Tasso; il Morgante del Pulci.
Tusiani è un personaggio che rappresenta un vanto per l’Italia in generale, e per la Puglia in particolare. Di seguito alcuni versi significativi tratti da una lirica dedicata al nostro Paese: «Ho l’Italia nel mio cuore,/la sublime patria mia:/all’Italia va il mio amore/con questa nuova poesia». Una personalità che, a mio modesto parere, ha tutte le carte in regola per meritare il premio Nobel per la letteratura.
[Pubblicata il 27 novembre 2016 nel Magazine domenicale “Oggi 7”, allegato al quotidiano “America Oggi”.]

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